venerdì 25 aprile 2008

Povero padrino, paghiamogli l’avvocato

In virtù del gratuito patrocinio la difesa dei boss mafiosi è a carico dello StatoSe le vittime dei reati non riescono a farsi risarcire i danni, in compenso centinaia di mafiosi, assassini e narcotrafficanti non hanno alcun problema a farsi pagare le spese legali dallo Stato. Riassume amaro il procuratore aggiunto di Palermo, Roberto Scarpinato: «Siamo in balia di un sistema legislativo che privilegia gli individui con la più elevata capacità professionale criminale». La pietra dello scandalo è la mancanza di controlli sull'ammissione al gratuito patrocinio, quel beneficio legale (diverso dalla difesa d'ufficio) che consente agli imputati «non abbienti» di scegliersi l'avvocato di fiducia che preferiscono e di farselo pagare dallo Stato, che a quel punto sopporta anche i costi delle perizie di parte, copie di atti, traduzioni e altre spese processuali. Di per sé è un'assistenza pubblica prevista in tutti i paesi civili per ridurre i rischi di discriminazione giudiziaria tra ricchi e poveri. Il punto è che la legge italiana non prevede controlli preventivi: basta l'auto-certificazione di non avere un reddito annuo superiore a 9.296 euro (elevabile per chi ha familiari a carico) e a quel punto il giudice deve ammettere qualsiasi imputato «entro dieci giorni sotto pena di nullità». Come dire che all'undicesimo giorno salta il processo. La legge prevede solo controlli successivi, ma le agenzie delle entrate conoscono solo i patrimoni denunciati e nessun criminale dichiara i profitti illeciti. Il risultato, come evidenziò già tre anni fa in Parlamento il capo dei pm antimafia milanesi Armando Spataro, è che «il gratuito patrocinio è diventato il meccanismo legale con cui lo Stato paga gli avvocati alla mafia». La casistica è una tragedia. Nel 2003 ha ottenuto il gratuito patrocinio il capo dei capi di Cosa nostra, Bernardo Provenzano, allora latitante da 40 anni e ufficialmente nullatenente, anche se dopo l'arresto si è visto sequestrare beni per oltre 300 milioni. Giuseppe Graviano, il boss della strage di via Palestro e dell'omicidio di don Puglisi, si è fatto pagare il difensore dallo Stato mentre i familiari vivevano in ville da sogno in Costa Azzurra. Gratuito patrocinio anche per altri boss come Pietro Aglieri, per i più pericolosi "santisti" della 'ndrangheta, da Domenico Libri ad Antonino Imerti, e per decine di killer, narcotrafficanti e padrini di camorra e della mafia pugliese. Tra il 1995 e il 2006 lo Stato ha speso 449 milioni per il gratuito patrocinio. Gli imputati ammessi sono più che quintuplicati, passando da 15 a 84 mila all'anno, e più di metà vivono al Sud. I controlli ex post hanno fatto revocare il beneficio solo all'1,4 per cento dei richiedenti. Oltre che raro, il no dei giudici è pericoloso. Nel libro "Fine pena mai" di Luigi Ferrarella si legge che nel 2007 Leoluca Bagarella ha ricusato la corte che, negandogli il beneficio, si sarebbe dimostrata «non imparziale». E i boss continuano a dichiararsi nullatenenti. Anche se tra il 1992 e il 2006 lo Stato ha sequestrato patrimoni mafiosi per 4,3 miliardi di euro nominali, che rivalutati diventano circa 40. Che il problema sia «grave» lo denuncia anche il sottosegretario uscente alla Giustizia Luigi Ligotti: «Nel pacchetto sicurezza avevamo inserito una norma per escludere dal gratuito patrocinio almeno i condannati per mafia con sentenza definitiva. Ma la crisi di governo ha azzerato tutto». P. B.
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