E’ seduto da venti anni esatti su una poltrona che non gli spetterebbe. Gaetano Motta superò nel 1988 il concorso per diventare docente ordinario di Otorinolaringoiatria alla seconda Università di Napoli. Il retroscena di quell’assegnazione emerse solo molti anni dopo: un patto concluso tra alcuni professori ordinari per procedere a testuggine, presentando in blocco le candidature dei loro pupilli. Lo scandalo scoppia cinque anni dopo, quando un assistente lasciato fuori dal gioco tira fuori documenti e registrazioni. Gli avvisi di garanzia arrivano nel 1995 per falso ideologico, abuso d' ufficio e concussione a carico di Giovanni Motta, il padre di Gaetano. E lui ad essere sospeso dalla professione e condannato a un anno e otto mesi di reclusione, la pena più elevata. I giudici lo definiscono un «despota onnipotente», il capo indiscusso di «un certo numero di baroni che detenevano saldamente nelle loro mani il potere di gestire illecitamente i concorsi». La prima condanna del tribunale ordinario è del 1999, viene confermata dalla Corte d’Appello il 1° dicembre 2000, dalla Cassazione il 5 novembre 2001, dal Consiglio di Stato, dal Tar per un totale di circa dieci sentenze che affermano quello che è accaduto, e decretano la nullità del concorso che ha assegnato il posto di docente ordinario al figlio. Sarà pure nullo il concorso ma Gaetano Motta è ancora lì dove è entrato venti anni fa. «Mai avuto nemmeno un piccolo avviso, mai sfiorato da un solo provvedimento», spiega. Al suo attivo ha oltre quattromila interventi, il primo intervento di applicazione dell’orecchio bionico, una tecnica per facilitare il recupero dei bambini autistici, e molta rabbia. «Le nuove norme del ministro Gelmini per rendere più trasparenti i concorsi? Del tutto inutili, la situazione nell’università difficilmente migliorerà», risponde.
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