mercoledì 29 luglio 2009

I "sudisti" e lo sfogo di Tremonti sul jet - "Silvio, devi mettere a posto Micciché"

ROMA - Un aereo di Stato rulla sulla pista di Linate. Diretti a Roma, dove si voterà il decreto anticrisi, si accomodano nel salottino di prua Silvio Berlusconi, Giulio Tremonti, Umberto Bossi e altri ministri come Roberto Calderoli e Michela Brambilla. Sopra il Tirreno la discussione entra nel vivo e si parla dei soldi per il Mezzogiorno, una sostanza pericolosa da maneggiare visto le crepe che si sono aperte nel governo e nella maggioranza. Come se non bastasse l'offensiva del partito del Sud, ieri il Carroccio è ritornato all'attacco - dopo il "tutti a casa" sull'Afghanistan - con la proposta shock di introdurre test di dialetto ai professori. Ma sull'Airbus presidenziale questa ennesima bomba ancora non è scoppiata. Tremonti è una furia e, in alta quota, si scaglia contro Gianfranco Micciché, il regista dei vespri siciliani del Pdl. "Adesso basta - alza la voce il ministro dell'Economia - spetta a te Silvio rimetterlo al suo posto. Io non ci sto a essere insultato in questo modo, non ci sto a passare per quello che strangola i meridionali. Farlo ministro del Sud poi... ma a chi è venuta l'idea?". Tremonti è un fiume in piena: "Io ti do la massima disponibilità a fare tutto quello di cui c'è bisogno, ma non possiamo non tener conto di quello che è già stato fatto e non è poco. E poi, presidente, abbiamo la terribile esigenza di ridurre il debito pubblico". OAS_RICH('Middle'); Umberto Bossi annuisce alle tesi del ministro dell'Economia, ma non vuole alimentare una dialettica Nord contro Sud e non si mette di traverso rispetto all'idea di un Piano per il Mezzogiorno. "Se i fondi vengono spesi per delle opere concrete e non regalati a pioggia - sentenzia infatti il Senatur - per noi va bene". A questo punto il Cavaliere prende la palla al balzo e chiude il capitolo: "Giulio con Micciché ci ho già parlato io, stai tranquillo. È tutto sotto controllo, la cosa è già rientrata". L'idea del Cavaliere sarebbe infatti quella di accontentare il ribelle siciliano con un incarico ad hoc nel partito, qualcosa come coordinatore di una costituenda "Consulta per il Mezzogiorno", che ne faccia una sorta di proconsole in Sicilia. Non solo. Per domani sera, dopo averli chiamati uno ad uno personalmente, Berlusconi ha organizzato una cena con i dissidenti "sudisti" che hanno votato alla Camera un ordine del giorno contro il parere del governo. Una tattica per sopire, per ora con le maniere gentili, l'accenno di rivolta dentro i gruppi parlamentari. Un'insubordinazione che ha colpito molto il Cavaliere, così come lo ha preoccupato vedere che anche ieri alla maggioranza sono mancati decine di voti sul decreto anticrisi. "Ma chi erano quelli che non ci hanno votato?", ha sussurrato preoccupato alla buvette al capogruppo Cicchitto, "erano solo dell'Mpa o anche nostri?". Oggi intanto pranzo di lavoro tra Berlusconi e i ministri Tremonti, Matteoli, Scajola, Fitto e Prestigiacomo sul "Piano per il Sud" annunciato dal premier dopo gli ultimatum di Micciché. "La mia parte di proposte - raccontava ieri in Transatlantico Altero Matteoli - l'ho già messa su carta e domani la consegno a Berlusconi". Tutto ruota intorno allo sblocco dei residui fondi Fas e palazzo Chigi sta lavorando a un'ipotesi di compromesso: Tremonti aprirà la cassaforte e i fondi verranno trasferiti alle Regioni, ma solo per finanziare progetti vagliati dalla "cabina di regia" ministeriale a Roma. Prima di tutto però il ministro Fitto, che è diventato il principale antagonista di Tremonti in Consiglio dei ministri, chiederà al Tesoro una ricognizione sui mille rivoli della spesa pubblica al Sud. "È un ginepraio pazzesco - ha spiegato a un collega - in cui nessuno ha idea di quanti soldi siano già stati stanziati. Occorre un monitoraggio serio, altrimenti restano solo chiacchiere". "Ma noi - ha chiuso Fitto con una frecciatina a Tremonti - non siamo mica l'Aspen, siamo il governo del paese". Intanto, sulla scuola, un'altra grana è esplosa nella maggioranza a causa della Lega. E Berlusconi, informato in serata dalla Gelmini, ha confortato la ministra: "Vai avanti tranquilla. A Bossi ci penso io". Il fatto è che la provocazione dei test in dialetto per i professori aveva già fatto capolino nella discussione in commissione e sembrava fosse già stata scartata. "Anche per me - aveva confidato alcuni giorni fa il leghista Calderoli a Valentina Aprea - quella proposta è incostituzionale". E invece una parlamentare leghista se ne è infischiata, gettando la maggioranza nel caos. Sarà questo infatti un altro terreno di scontro, visto che Gianfranco Fini in Aula ha già lanciato la parola d'ordine del rispetto "pieno e totale" della Costituzione a cui dovrà conformarsi la riforma della scuola. Il che ovviamente esclude i test dialettali. La polemica con il Carroccio si alimenta anche con la questione dell'Afghanistan, visto che ieri i leghisti, nonostante tutte le rassicurazioni di Berlusconi, hanno ufficialmente ribadito le loro perplessità sulla missione militare. Una posizione che Fini, conversando con i suoi, non ha esitato a bollare come "ambigua".
http://www.repubblica.it/2009/07/sezioni/politica/partito-sud/sfogo-tremonti/sfogo-tremonti.html

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