ROMA - Non c'è solo il giallo del pestaggio, con i rimpalli di responsabilità tra carabinieri e agenti penitenziari. Dietro la morte di Stefano Cucchi, spunta il mistero delle cartelle cliniche, con correzioni e precisazioni quasi a farle sembrare manomesse. Sono state "aggiustate"? E altre apparenti incongruenze sono nei moduli d'ingresso in carcere. Ora tutta la documentazione è nelle mani dei pm Francesca Loi e Vincenzo Barba che intendono disporre una perizia calligrafica sul copioso materiale clinico-carcerario. E c'è una nuova testimonianza che contraddice moduli, cartelle cliniche e quanti, responsabili della custodia o dell'assistenza sanitaria di Cucchi, dichiarano che il giovane rifiutasse contatti con la famiglia: una volontaria che lo ha visto poco prima che morisse venne pregata da Stefano di avvertire i familiari sul suo stato di salute e di chiedere loro di venire a trovarlo. I due moduli. Su quello della Asl c'è solo il nome, mancano le risposte ai quesiti e la firma di Cucchi; in quello dell'amministrazione penitenziaria, invece, il detenuto avrebbe sottoscritto non voler tenere informati i familiari sul suo stato di salute. Le cartelle "corrette". Aggiunte e precisazioni compaiono nella documentazione sanitaria. In un passaggio del diario clinico, i medici di Regina Coeli aggiungono con zelo, dopo aver scritto che Cucchi sarebbe "accidentalmente caduto per le scale", due parole: "in libertà". Come per sottolineare, che quelle "ecchimosi diffuse" se le sarebbe procurate fuori dal carcere.
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