sabato 19 novembre 2011

Quel che resta della scuola, quel che resta alla scuola: lettera aperta al nuovo ministro dell'Istruzione

tagliuniversita

di Anna Angelucci

Nell’immobilismo che, come ha scritto recentemente Roberto Saviano su “La Repubblica”, ha caratterizzato l’azione dei governi Berlusconi, segnatamente nell’ultimo triennio, c’è tuttavia un’eccezione: la pervicace insistenza e ferocia dei provvedimenti legislativi sulla scuola che, sommati ai draconiani tagli lineari su questo specifico capitolo di bilancio, hanno prodotto il più massiccio processo di impoverimento e di depotenziamento della scuola statale italiana nella storia della nostra Repubblica.

Con la legge 133 del 2008, alla scuola sono stati sottratti in 3 anni più di 8 miliardi di euro e 140.000 lavoratori.

Con due circolari ministeriali (del 14/12/2008 e del 22/2/2010), il MIUR ha congelato i crediti delle scuole italiane verso l’amministrazione centrale, circa 1 miliardo e 300.000 euro. Nell’ultima legge di stabilità e di bilancio dello Stato, il totale della spesa di competenza del MIUR per il prossimo anno subisce un’ulteriore riduzione di 1.067.778.102 di euro, coerentemente con l’obiettivo, da raggiungere entro il 2015, di assegnare soltanto il 3,7% del PIL alla spesa per l’istruzione (mentre nel 2010 era il 4,2% e in Europa supera oggi il 6%).

Nel totale disprezzo delle sentenze del TAR del Lazio e del Consiglio di Stato (che hanno giudicato illegittima l’applicazione della legge di riordino dei cicli scolastici), il MIUR ha imposto nella scuola secondaria di II grado una riforma che ha ridotto quadri orari, materie, attività di laboratorio; che ha abolito tutte le sperimentazioni; che ha depauperato, in nome di una malintesa “essenzializzazione”, la dimensione umanistica dei licei e quella pragmatica degli istituti tecnici. Con la legge 169 del 2008,la scuola elementare ha rimesso indietro le lancette della storia: il ritorno alla maestra unica, il voto di condotta, l’orario a 24 ore hanno cancellato con un colpo di spugna quel profilo pedagogico-didattico che, a partire dagli anni Settanta, aveva reso la scuola primaria italiana un modello nel mondo intero.

Il combinato disposto del piano programmatico attuativo dell’art. 64 della legge 133/2008 e i successivi provvedimenti di riforma, i decreti, le circolari, le note ministeriali si configura come un’opera di dismissione della scuola statale sistematicamente perseguita, attraverso una serie di manovre a tenaglia.

Ma non basta.

Nel recente carteggio tra il governo uscente e le istituzioni europee, la scuola occupa un posto di rilievo.

Alla sollecitazione verso l’uso sistematico di “indicatori di performance” nei sistemi sanitario, giudiziario e dell’istruzione, contenuta nella missiva mandata il 5 agosto dalla BCE, il governo uscente aveva risposto a ottobre dichiarando che l’accountability delle singole scuole sarebbe stata accresciuta sulla base delle prove Invalsi, alludendo per l’anno scolastico 2012/13 a un programma di ristrutturazione per quelle con risultati insoddisfacenti.

Ma il commissario dell’Unione Europea agli affari economici e monetari, Olli Rehn, ha chiesto chiarimenti più circostanziati: quali saranno, con esattezza, le caratteristiche del programma di ristrutturazione delle singole scuole che non hanno riportato risultati soddisfacenti ai test Invalsi? Come intende il governo valorizzare il ruolo degli insegnanti e con quali incentivi?

Le risposte di Giulio Tremonti sono racchiuse nel lungo paragrafo intitolato “Human Capital” della sua ultima lettera all’Europa, prima dell’uscita di scena.

Nel quadro normativo di riferimento, definito dalle leggi n. 10 del febbraio 2011 e n. 98 di luglio 2011, viene confermato il ricorso ai test Invalsi per la rilevazione degli apprendimenti degli alunni al II e V anno della scuola primaria, al I e III anno della scuola media, al II anno della scuola superiore, con la possibilità di ulteriori test nell’ultimo anno, presumibilmente nell’ambito dell’esame di Stato.

I test, modellati sugli OCSE-PISA, misureranno il “valore aggiunto” delle singole scuole nei risultati degli apprendimenti degli alunni, tenendo conto dei diversi contesti socio-economici (in che modo? Non è specificato). Le valutazioni delle scuole saranno condotte da un corpo di ispettori, che viene definito autonomo e indipendente (ma che in realtà non lo è, trattandosi di dirigenti del MIUR), che valuterà l’ambiente di lavoro e la qualità dei processi (quali processi? Non ci viene detto), usando anche informazioni relative ai successivi percorsi universitari o professionali degli studenti e quelle ricavabili dalle famiglie e dal territorio.

L’INDIRE (già soppresso e sostituito dall’ANSAS con la Finanziaria del 2007, ora riesumato con il D.L. 98/2011) interverrà nelle scuole più critiche, con una serie di misure che non escludono successivi dimensionamenti. Nessuna parola sui finanziamenti per la formazione iniziale e in itinere dei docenti. Nessuna parola sui necessari investimenti.

Riguardo alla valorizzazione del ruolo degli insegnanti, il contesto normativo di riferimento è il D.L. 150/2009.

Si prevedono premialità salariali per una piccola percentuale di docenti (con un tetto del 20-30% per ogni scuola) da definire e normare nel prossimo contratto. Nessun accenno al rinnovo di un contratto scaduto da anni; nessun accenno al recupero degli scatti di anzianità maturati. Nessun accenno alle risorse cui attingere.

Continua ...

http://www.megachip.info/tematiche/cervelli-in-fuga/7190-quel-che-resta-della-scuola-quel-che-resta-alla-scuola-lettera-aperta-al-nuovo-ministro-dellistruzione.html

Nessun commento:

Posta un commento