Bastano 25 deputati e 13 senatori per condizionare il governo e i seguaci del cofondatore del Pdl sono anche di più.
ROMA - Torna l'incubo del pallottoliere. Sottrazioni e addizioni per calcolare il reale peso dei finiani per le sorti della maggioranza. Perché un'eventuale scissione all'interno del Pdl rischia di mettere in affanno il governo. Almeno stando ai numeri. Che parlano. E dicono che alla Camera basterebbero 25 deputati per condizionare le mosse dell'esecutivo. E 13 senatori a Palazzo Madama. Cifre che, stando ai conteggi, Gianfranco Fini potrebbe facilmente mettere insieme se "messo alla porta" del partito di cui è stato co-fondatore. Prima mossa, la costituzione di gruppi alla Camera (dove servono 20 deputati) e al Senato (necessari 10 senatori). Gli ultimi conti fatti risalgono ad aprile. Periodo tesissimo tra Berlusconi e Fini alla direzione del Pdl, tempo di litigi davanti alle telecamere. Tempo di riunioni e di conteggi. E allora le cifre delle truppe a disposizione di Fini parlavano di 45 deputati (50 a sentire i più ottimisti) e 14 senatori. Numeri che, a fronte del peso della maggioranza (Pdl e Lega Nord) preoccupano gli uomini vicini a Berlusconi. Attualmente la maggioranza di governo è di 341 deputati e 175 senatori a fronte di una maggioranza necessaria, rispettivamente di 316 a Montecitorio e 162 a Palazzo Madama. Se si calcola che il governo, in due anni, è stato battuto già 50 volte a causa delle ripetute assenze tra le file di Pdl e Lega, l'eventuale scissione sarebbe un problema ancora più pesante per l'esecutivo. Costretto a fare "campagna" acquisti tra
i gruppi parlamentari e mantenere canali di comunicazione aperti con l'Udc. Che conta 39 deputati e 3 senatori. Numeri che potrebbero mettere al riparo da eventuali scivoloni.
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