giovedì 3 marzo 2011

La Cassazione: "No ai malati dimessi perché l'ospedale vuole ricoveri brevi"

Una sentenza importante in tempi di tagli alla sanità. La Corte "avverte": la considerazione della salute del paziente deve sempre prevalere sui criteri di economicità richiesti dalle direttive interne. I sindacati: "Andrebbero sanzionate le strutture ospedaliere, non i medici"

ROMA - Non si può dimettere un ricoverato solo perché in ospedale c'è da rispettare un dato tasso di utilizzo dei posti letto: la valutazione decisiva deve essere fatta sulle condizioni del malato. Sembra un'ovvietà, ma chi ha avuto la sventura di frequentare la sanità, pubblica e privata convenzionata, sa che la realtà è diversa. La Cassazione, però, oggi ha bocciato le "logiche mercantili" nelle linee-guida degli ospedali: se le direttive interne sanciscono che i posti letto vanno liberati prima possibile, la loro osservanza a scapito dell'ammalato non salva il medico dalle responsabilità penali che possono derivare dalla sua scelta. Il principio è stato fissato dalla sentenza 8254/11, emessa dalla quarta sezione penale della Corte di Cassazione.
Secondo i giudici, il medico deve anteporre la salute dell'ammalato a tutto, comprese le direttive interne, laddove esse si rivelino rischiose per il paziente. "A nessuno - ammonisce la sentenza - è consentito di anteporre la logica economica alla logica della tutela della salute". Il medico, insomma, non può degradare la sua professionalità "a livello ragioneristico", come un burocrate qualsiasi e, in caso di morte del paziente dopo la dimissione dall'ospedale, non sfugge alla condanna per omicidio colposo soltanto perché rispettò le linee-guida dell'ospedale, cioè la prassi che si applica in casi del genere.
Continua ...

Nessun commento:

Posta un commento