mercoledì 31 agosto 2011

Libia: Al Qaida tra i ribelli, trema Israele

Libia: Al Qaida tra i ribelli, trema Israele
TEL AVIV - Al Qaida sta tendendo la propria rete fra Bengasi e Tripoli - con suoi uomini in posizione strategica fra i capi bastone militari della rivolta di Libia - e «si impongono contromisure energiche ed immediate». In passato avvertimenti analoghi venivano di norma da Muammar Gheddafi e sembravano strumentali ai suoi interessi di potere. Ma oggi una conferma al di sopra di ogni sospetto arriva, in una intervista alla radio militare israeliana, anche da uno storico oppositore politico del vecchio regime, da anni in esilio a Londra, che rappresenta uno dei volti 'liberalì in seno alle file degli insorti. Si tratta di Ahmed Shabani, 43 anni, fondatore del 'Partito democratico libicò. Per Shabani, Gheddafi resta un pericolo per il popolo libico. «È tornato al suo vecchio mestiere, quello del terrorista», spiega alla radio. Forte del sostegno della regione meridionale di Fezzan, «orchestra ancora una guerra contro i civili» che gli si sono ribellati. Ma all'orizzonte si staglia già un'altra e forse più grave ombra: quella di al Qaida. «Chi davvero controlla adesso la Libia sul terreno, chi ha il controllo delle armi e delle munizioni è al-Qaida», esclama senza giri di parole Shabani, che poi fa anche una serie di nomi: «Bengasi è gestita da Abu Obeid al-Jarah e Tripoli da Abdel Hakim Belhaj». Entrambi, gli risulta, sono estremisti islamici vicini all'ideologia di Osama Bin Laden. Preoccupazioni analoghe, nei giorni scorsi, erano state espresse in maniera non ufficiale dall'Algeria, che non ha riconosciuto il Cnt. Secondo una una fonte di alto profilo del governo algerino, ci sono prove che militanti libici dell'organizzazione terroristica, che erano stati consegnati a Gheddafi, sarebbero ora liberi e si sarebbero uniti ai ribelli. Shabani, nell'intervista, fa notare che era del resto di origine libica pure il defunto numero due di al-Qaida, Atya Abdel Rahman, vice di Ayman al-Zawahri appena ucciso dagli Stati Uniti in Pakistan. «Il suo vero nome era Jamal Ibrahim Shtaye» e manteneva - secondo Shabani - stretti legami con un esponente di al-Qaida attivo adesso in Libia. Nel corso della giornata, l'emittente delle forze armate ha mandato in onda ripetutamente queste sue inquietanti parole. Da mesi i servizi segreti israeliani seguono da vicino la crisi libica, anche nel timore di ripercussioni sul traffico di armi verso la striscia di Gaza, la enclave palestinese controllata dagli islamici di Hamas. Fonti militari israeliane riferiscono ora che a Gaza si nota una moltiplicazione di forniture di lanciagranate (Rpg) e di batterie missilistiche antiaeree di progettazione sovietica Sa-7: tutte provenienti, a quanto pare, proprio dalla Libia, attraverso il Sinai. A rendere più insidiosa la situazione si aggiunge inoltre la questione degli arsenali chimici. «Se si trovasse con le spalle al muro - ha affermato Yehudit Ronen, una studiosa israeliana di questioni libiche - Gheddafi, come Sansone con i Filistei, potrebbe compiere un gesto disperato e rivolgere le armi chimiche contro il suo stesso popolo».

Nessun commento:

Posta un commento