Un'azienda francese produce intimo versione "baby" con modelle in pose sexy che non arrivano a dieci anni. Sul web è partito il tam tam degli indignati. Lo spot è già stato segnalato al Giurì per
Boobs and Bloomers, ovvero tette e mutande. La scelta del nome sarebbe già ridicola se il marchio fosse di indumenti per adulti. Questa, invece, è lingerie sexy per bambine. A giudicare dalle foto avranno otto o nove anni. Truccate come delle piccole Lolite, in pose ammiccanti, aspiranti donne che imparano a usare il proprio corpo, perché visto come gira il mondo è utile capire fin da piccole che “ogni donna è seduta sulla propria fortuna” (come scrisse Piero Ostellino in un dimenticabile articolo sulCorriere della Sera per giustificare le carriere fulminanti di varie ministre e consigliere regionali Pdl).
Che dire di queste foto? La prima immediata reazione nel vedere delle bambine conciate così è di infinita tristezza, per la pochezza etica e culturale di adulti che usano il corpo di queste ragazzine in modo così spregiudicato. Poi scatta l’indignazione vera e propria. Perché questa campagna pubblicitaria di reggiseni imbottiti per bambine è doppiamente pericolosa.
Se da una parte veicola un’immagine delle donne fondata solo ed esclusivamente sull’avvenenza sessuale, dall’altro è una chiara incitazione alla pedofilia. Guardatele, sembrano delle bamboline di plastica. Sembrano tratte dal sito porno pedofilo invece che dalla campagna pubblicitaria di una ditta olandese che commercializza i suoi prodotti anche in Italia tramite grandi magazzini come la Coin.
La foto delle ragazzine con l’accappatoio ci è stata mandata da un lettore che ha scattato la foto negli spogliatoi dell’Aquafan di Rimini. È già stata segnalata al Giurì della Pubblicità. E su Internet ha già iniziato a circolare una controcampagna, molte persone indignate stanno tempestando il sito della ditta che infatti ha rimosso le foto (almeno dal Web, non risulta per le affissioni) balbettando giustificazione poco plausibili, del tipo non era nostra intenzione avvicinare il marchio alla pedofilia eccetera.
Negli anni Settanta Elena Gianini Belotti scrisse un testo molto interessante (Dalla parte delle bambine, Feltrinelli) dove denunciava il precoce condizionamento delle bambine e spiegava come l’educazione sociale e culturale all’inferiorità femminile si compiva nel giro dei primi anni di vita tramite i giochi, le pubblicità, addirittura i libri di testo scolastici. Lavoro poi aggiornato nel 2007 daLoredana Lipperini in Ancora dalla parte delle bambine, che raccontava come la situazione non fosse cambiata, ma anzi peggiorata da tutto il nuovo merchandising fatto di bambole sexy, trucchi per preadolescenti, cartoni animati, marketing forsennato.
Nessuna delle due scrittrici poteva immaginare di leggere le cronache che ben conosciamo, con vergini offerte al drago, minorenni che si vendono con una spregiudicatezza inquietante, addirittura madri, padri e fratelli che incitano a prostituirsi.
Ogni giorno c’è nuovo materiale per aggiornare ulteriormente quei testi. Viene da chiedersi se è più la realtà che stuzzica l’immaginario o se i due piani viaggiano di pari passo. Di certo queste bambine, alle quali viene propinato come prodotto normale un sexy push up, non diventeranno adolescenti in grado di capire e difendere l’importanza del proprio corpo. Penseranno che è giusto, oltre che lecito, usarlo (Ostellino docet, sempre lui…). E i loro coetanei maschi – per non parlare di pedofili e malati sessuali di altro tipo – si sentiranno sempre più in diritto di usarlo, quel corpo, a proprio gradimento. In fondo il push up serve a sentirsi desiderate, no? Chi preda sessuale si fa, soprattutto se non ha gli strumenti per capirlo e per difendersi, è facile che poi ne subisca la conseguenze. Così adesso sappiamo chi ringraziare se fanno sesso a 12 anni. Se le violenze contro le donne aumentano. Se a 18 anni vorranno rifarsi il seno.
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