sabato 3 settembre 2011

L'ira di Berlusconi contro Bruxelles "Il problema è Giulio, non garantisce più"

Il Cavaliere: ho chiarito con Merkel e Barroso. Allarme del Colle. della manovra Il timore che la Bce non intervenga più nell'acquisto dei titoli di stato italiani. Palazzo Chigi torna a studiare l'ipotesi di alzare l'Iva per coprire tutti i saldi di CARMELO LOPAPA

ROMA - "La verità è che Giulio ormai non è più una garanzia in Europa, non possiamo contare su di lui come lasciapassare per i palazzi di Bruxelles". Un Silvio Berlusconi sempre più assediato nel fortino di Arcore non nasconde, a chi gli ha parlato, tutta la sua preoccupazione. Preoccupazione per i dubbi piovuti dalle autorità Ue sulla manovra salvaconti che il governo italiano sta faticosamente, confusamente portando avanti. Sorpreso, raccontano, ancor prima che irritato, il Cavaliere lo è soprattutto perché meno di 24 ore prima aveva tentato di rassicurare di persona i leader europei. A margine del conferenza di Parigi sulla Libia. "Io su questa manovra ci ho messo la faccia, ne ho parlato ancora con la Merkel, con Herman Van Rompuy, con Barroso, loro si fidano di me e ho promesso che faremo bene e in fretta" ripete il presidente del Consiglio. A Palazzo Chigi, da un lato, sono portati a minimizzare l'uscita del portavoce del commissario Ue agli Affari economici e monetari Olli Rehn. Ma quell'allarme sull'eccessivo ricorso alle misure antievasione per recuperare risorse è ponderato, nasce da consultazioni e briefing informali tra le autorità a Bruxelles. D'altronde, andava in quella direzione anche l'avvertimento a "non annacquare le misure adottate ad agosto", lanciato dal presidente uscente della Bce Jean-Claude Trichet nell'intervista di ieri al Sole24ore in cui si legge una chiara minaccia sulla possibilità che Francoforti non compri più i nostri bot. In ogni caso, Berlusconi si ritiene responsabile fino a un certo punto della situazione di incertezza generata anche oltre confine. Se c'è un "artefice" dei tentennamenti che hanno generato confusione, quello è il suo ministro dell'Economia. È stato l'inquilino di via XX Settembre a fare della sterzata sulla lotta all'evasione il marchio di questa manovra. Tanto più dopo le correzioni apportate proprio da Tremonti due giorni fa con i "suoi" emendamenti depositati in commissione al Senato. "Non ha la bacchetta magica e lo hanno capito anche in Europa" è una delle considerazioni più amare che alti dirigenti Pdl hanno sentito pronunciare dal premier in queste ore. E tanto basta a questo punto per convincere ancor più il presidente del Consiglio del fatto che non sia rinviabile oltre un intervento sull'Iva. Aumentare di uno-due punti l'imposta con un blitz della presidenza del Consiglio, come lo stesso Berlusconi ha ipotizzato da Parigi. Ma non nei prossimi mesi, come preferirebbe il responsabile dell'Economia. "Non c'è altra strada per recuperare risorse certe e in tempi rapidi per rassicurare l'Europa e i mercati", va ripetendo il capo del governo ai ministri più fidati. Tutto questo mentre non solo a Bruxelles maturano i primi dubbi sulle misure antievasione che pure - assicurano dal Tesoro - garantirebbero un gettito quantificato dalla Ragioneria. Ma già il vicecapogruppo al Senato Gaetano Quagliariello invita per esempio a riflettere meglio sulla pubblicazione dei redditi dei contribuenti on line. Misura che sembra non abbia fatto esultare di gioia lo stesso Berlusconi. Ma queste sono davvero ore di grande concitazione. Lo scontro che poi in serata si fa frontale tra Roma e Bruxelles chiude un venerdì già di suo abbastanza nero. Segnato dal nuovo tonfo di Piazza Affari, che perde quasi il 4 per cento, e dal differenziale tra i buoni del Tesoro i Bund tedeschi che torna a superare quota 330 punti, come nelle giornate d'agosto più infauste per la borsa italiana. Mentre la maggioranza è già andata sotto in un'occasione sull'esame della manovra in commissione Bilancio. Una situazione complessiva che il Quirinale tiene sotto controllo ora dopo ora, con una buona dose di preoccupazione. I moniti lanciati dalle autorità comunitarie non sono stati presi affatto sotto gamba al Colle. Non fosse altro perché il rigoroso rispetto dei saldi della manovra, l'obiettivo dell'azzeramento del deficit, le riforme per favorire la crescita sono i paletti che già il presidente Napolitano ha richiamato a più riprese nelle scorse settimane. Invitando le forze politiche a un dialogo e a un confronto sui conti da risanare che invece non è mai decollato. E rischia di non decollare mai, se è vero - come ipotizzavano ieri sera a Palazzo Madama - che un governo che vuol fare quanto più in fretta possibile si prepara a porre la fiducia al decreto non solo alla Camera, ma anche la settimana prossima in aula al Senato.
Continua ...

Nessun commento:

Posta un commento