domenica 23 ottobre 2011

Metteremo dei fiori nei nostri serbatoi

Quando sarà finito il petrolio continueremo a guidare automobil e illuminare case e strade. Con cosa? "Con un nuovo tipo di carburante tratto dalle piante che coltiveremo nei deserti e negli oceani". Parola di Robert Laughlin, premio Nobel per la fisicadi FEDERICO RAMPINI

SAN FRANCISCO - "Proiettiamoci nel futuro: quando gli esseri umani non bruceranno più carbone, petrolio o gas naturale. Continueremo a guidare qualche tipo di auto? Viaggeremo in aereo? Da dove verrà la luce per l'illuminazione?" Comincia così l'ultimo saggio di Robert Laughlin, premio Nobel per la fisica, docente all'università di Stanford nel cuore della Silicon Valley californiana: Powering the Future (Basic Books, 2011). Puntando sulle proprie competenze, parla da fisico, non da economista né da scienziato dell'ambiente: questo gli consente di tenere i piedi per terra, ragionando su vincoli e leggi della fisica fondamentali. E sfocia su una conclusione sorprendente: dovremo continuare a fabbricarci qualcosa che assomigli a petrolio, benzina e cherosene, perché né l'idrogeno né l'atomo né il solare potranno completamente sostituirsi all'efficienza di questi carburanti. Ma li produrremo sinteticamente grazie all'agricoltura. "Non sottraendo raccolti alla stessa agricoltura che alimenta gli esseri umani; bensì coltivando oceani e deserti". Laughlin adotta un approccio originale per riuscire a parlare alla sinistra e alla destra, agli ambientalisti e agli "industrialisti": si proietta in un futuro inevitabile, "quando i carburanti fossili nelle viscere della Terra saranno finiti", lasciando ad altri le diatribe sulla data esatta in cui ciò accadrà. Non vuole schierarsi con il partito dei "limiti dello sviluppo" che vede un esaurimento imminente del petrolio, né con gli esperti alla Daniel Yergin secondo cui l'innovazione tecnologica ci consentirà di valorizzare nuovi giacimenti e di spostare più in là il giorno dell'"ultima goccia". Tutto questo non gli sembra troppo rivelante, come spiega quando lo incontro al World Affairs Council di San Francisco. Come si fa a evitare di schierarsi con i profeti dell'esaurimento imminente delle risorse, o con gli ottimisti del progresso tecnologico? "Basta scegliere un orizzonte temporale un po' più lungo, per esempio due secoli. Nell'arco di vita della nostra Terra equivale a un battere di ciglio; ma anche nella storia dell'umanità è un periodo breve: appena sei generazioni. A quel punto sarà iniziata l'Era post-fossile, su questo non c'è dubbio". Davvero si possono escludere nuove scoperte di giacimenti finora ignoti, e nuove tecnologie che rendano economicamente sostenibili queste nuove estrazioni? "È vero che sono state fatte nuove scoperte di giacimenti simil-petroliferi, per esempio nelle sabbie del Canada e del Venezuela. Ma lo U. S. Geological Survey ha dimostrato in modo inequivocabile che le nuove scoperte non saranno sufficienti a compensare il declino. Le riserve complessive dell'Arabia Saudita, per esempio, già entro sessant'anni entreranno in una "zona d'instabilità", e questo è un arco temporale che ci costringe a riflettere seriamente: riguarda già i nostri nipoti. È questo il problema che io mi pongo: esercito i miei studenti a interrogarsi su come vivranno i nostri discendenti".
Continua ...

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