venerdì 23 dicembre 2011

Bagdad, il sangue dopo gli americani frana la "democrazia" portata dai tank


Multipli attentati nella capitale irachena. Strage in 12 quartieri, più di 70 morti. Vacilla il patto sciiti-sunniti-curdi. Molti iracheni pensano, con fondate ragioni, che a fomentare il terrorismo siano esponenti degli stessi partiti di governo o milizie a loro affiliate di BERNARDO VALLI

LA STRAGE di Bagdad, almeno 72 morti e più di 180 feriti, in dodici quartieri della città, poche ore dopo la partenza dell'ultimo soldato americano, non riflette certo l'immagine che Barack Obama ha dato dell'Iraq. 

Forse spinto dal sollievo di mettere fine a un conflitto da lui non voluto, il presidente ricevendo a Washington, nei giorni scorsi, il primo ministro Nuri Kamal el-Maliki, è stato incauto. Ha detto che i soldati degli Stati Uniti si sono lasciati alle spalle un paese "sovrano, fiducioso in se stesso e democratico". 

L'eco delle sue parole non si era ancora spento quando il rissoso mosaico etnico che generali e diplomatici americani pensavano di avere placato, consentendo l'avvento di una convivenza civile tra sunniti, sciiti e curdi, ha cominciato a sgretolarsi, rischiando di andare in frantumi. Di crollare come un castello di sabbia. Come se a puntellare la democrazia importata dagli Stati Uniti fossero i carri armati, la cui funzione era quella di essere le impalcature di una effimera e insanguinata scena teatrale.

Nessuno ha rivendicato per ora la strage di Bagdad, ma essa è avvenuta appena sono uscite dalla ribalta le truppe straniere, e subito si è acceso un aspro scontro politico all'interno della coalizione in cui convivono da un anno partiti sunniti, sciiti e curdi. Una coalizione di governo fragile, zoppa. 
Continua ...
http://www.repubblica.it/esteri/2011/12/23/news/valli_iraq-27084217/

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