Le vittime nella fabrica-lager di Prato hanno acceso l'attenzione sull'universo dello sfruttamento dei lavoratori stranieri e cinesi in particolare, costretti a sopravvivere in luoghi assurdi, dove si lavora 16 ore al giorno a un euro l'ora. Il Codacons ha presentato esposto alla Procura della Repubblica, che chiama in causa il sindaco di Prato, l'Inail e l'Ispettorato del Lavoro. La Campagna Abiti Puliti.
ROMA - Non c'era alcuna possibile via di fuga nel laboratorio, trasformato in fabrica-lager, una vera e propria trappola mortale nella zona del Macrolotto a Prato, dove sette cittadini cinesi sono morti in un incendio che ha devastato la fabbrica, che era anche l'abitazione di chi ci lavorava. Le cui cause precise ancora non si conoscono, ma ad innescare le fiamme, probabilmente è stata una stufa elettrica, perché al momento non sarebbero state trovate bombole di gas. Ma quel che emerge drammaticamente da questa tragedia, sono le condizioni in cui vive un numero imprecisato di cinesi in quello che una volta era il fiore all'occhiello di Prato, il distretto del tessile e che lascia sempre di più spazio al low cost del pronto moda. I lavoratori morti bruciati nel rogo vivevano tutta la loro giornata nella fabbrica, dormendo in veri e propri loculi sopraelevati, lungo una parete del capannone.
Un solo controllore nella zona. Sul tavolo della Procura della Repubblica di Prato c'è da ieri un esposto del Codacons. L'associazione chiede di accertare le responsabilità del Sindaco di Prato, dell'Inail e dell'Ispettorato del Lavoro (che nella zona di Prato sembra abbiano un solo ispettore adibito ai controlli) relativamente alle verifiche e rispetto delle norme di sicurezza. Secondo il comandante della polizia municipale Pasquinelli, "la ditta andata a fuoco non era mai stata controllata - spiega l'associazione nella denuncia - quello che è accaduto a Prato - ha aggiunto - sono in molti a definirla una strage annunciata". A confermarlo ci sono anche le dichiarazioni dell'assessore alla sicurezza del Comune di Prato, Aldo Milone: "Avevamo denunciato da tempo la pericolosità di questa situazione".
C'è l'articolo 40 del Codice Penale che dice... "Non impedire un evento, che si ha l'obbligo giuridico di impedire, equivale a cagionarlo". Il Codacons ha dunque chiesto alla Procura di "verificare se la struttura fosse a norma sotto tutti gli aspetti di legge, e quali attività abbiano compiuto l'Inail al fine di garantire la sicurezza dei lavoratori o se fossero prospettabili negligenze od omissioni idonee a configurare responsabilità penali per Inail nonchè a carico dell'ispettorato del lavoro e del sindaco di Prato e di tutti quei soggetti, organi e autorità preposte a controlli, verifiche e rispetto delle norme di sicurezza sotto il profilo dei reati di Rifiuto di atti d'ufficio e Omissione, oltre ai reati di omesso controllo e vigilanza, concorso in strage, concorso in omicidio plurimo, omicidio con dolo eventuale. Già nel 2010 il Codacons aveva denunciato i rischi connessi alla soppressione dell'Ispesl (l'istituto incaricato dei controlli sui luoghi di lavoro) e al suo accorpamento all'Inail, presentando ricorso al Tar del Lazio e segnalando come la misura voluta dall'allora Ministro Tremonti avrebbe avuto effetti negativi sul fronte della sicurezza per i lavoratori.
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