giovedì 20 ottobre 2011

Il patto di amicizia con il Colonnello Un affare da 40 miliardi di euro

Il legame tra la Libia di Gheddafi e l'Italia nasce all'ombra del petrolio. Aziende statali e private, grandi e piccole, operano nel paese nordafricano, mentre sul piano finanziario il socio libico detiene quote rilevanti di gruppi come Fiat, Unicredit e Finmeccanica

di WALTER GALBIATI
MILANO - C’era un patto d’amicizia tra il Colonnello e Silvio Berlusconi che sfociava in un addentellato economico che tra investimenti e commesse era stimato in 40 miliardi di euro. Non a caso l’Italia è stata da sempre il primo partner commerciale della Libia. Il capitolo più delicato è legato al petrolio, in quanto il Paese arabo è il primo fornitore dell’Italia. Tripoli da sola garantisce il 23,3% del nostro fabbisogno di greggio, spedendone circa 50mila tonnellate al giorno. L'Eni è l'azienda italiana più esposta. I suoi pozzi pompano 244mila barili al giorno nel deserto libico, poco meno del 15% della produzione del Cane a sei zampe. Il numero uno Paolo Scaroni, forte del feeling Berlusconi-Gheddafi, ha ottenuto l'anno scorso un allungamento di 25 anni delle concessioni in loco in cambio di 28 milioni di dollari di investimenti in 25 anni, tra cui diversi progetti di edilizia sociale. Nel settore gas, invece, il Colonnello provvedeva al 12% di quanto consumato in Italia. L’Eni ha venduto alla libica libica National Oil Corporation una quota e la gestione del gasdotto Greenstream che collega la costa africana a Gela (Sicilia). Ma gli affari col Colonnello li ha fatti anche un altro colosso di Stato, Finmeccanica. In Libia è stato aperto un impianto per l'assemblaggio di elicotteri Agusta e Finmeccanica ha incassato commesse per 1,75 miliardi per rifare i sistemi di segnalamento ferroviario nel Paese e 300 milioni destinati a sistemi per il controllo dei confini meridionali della Libia in chiave anti-immigrazione. Un miliardo di appalti li ha avuti pure Impregilo, cui è stata affidata la costruzione di tre centri universitari. C’è poi la «Autostrada dell’Amicizia»: 1.700 km di asfalto lungo la costa tra Tunisia ed Egitto finanziati da Roma — quasi 3 miliardi la spesa prevista la cui costruzione doveva essere affidata a realtà italiane. Oltre alle grandi, lavorano in Libia anche le piccole e medie aziende italiane. Secondo l’Istituto per il commercio estero sono 130 le aziende italiane e 600 i loro dipendenti. Sirti sta posando 7mila km di cavi (valore 68 milioni), Trevi segue grandi progetti nel cuore di Tripoli, alcune imprese lavorano al terminal container nel porto di Tripoli. Sul fronte finanziario, poi, il Colonnello e i suoi figli erano grandi investitori nel capitale delle banche e delle aziende italiane. Un incognita che ora dovrà essere risolto. Dopo aver avviato negli Anni '70 l'operazioneFiat, di cui possiede ancora il 2%, la Libia di Gheddafi ha rilevato via via il 7% di Unicredit, il 2% diFinmeccanica, il 7,5% della Juventus, il 21,7% della Olcese (tessile) e il 14,8% della Retelit.

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