lunedì 4 agosto 2008

La generazione perdente che va a destra - di ILVO DIAMANTI

RIFONDAZIONE Comunista è implosa.
Prima alle elezioni politiche del 13 aprile, dove è rimasta esclusa dal Parlamento. Poi, al congresso, dove si è divisa in due pezzi quasi uguali, a sostegno dei candidati alla segreteria: Vendola e Ferrero, il vincitore. Anche se, in effetti, il partito è assai più frammentato, perché, fin dalle origini, raccoglie molteplici componenti dell'opposizione radicale di sinistra. Una galassia ai margini del sistema politico. "Minoranza", per definizione e per vocazione. Ma, anche per questo, uno dei riferimenti politici più significativi per i giovani. I quali hanno di fronte un futuro aperto. Amano le utopie. Pensano che sia possibile afferrare i sogni. Raggiungere "l'isola che non c'è". E cercano, inoltre, di definire la propria identità tracciando confini netti fra se stessi e gli altri. Contro padri e padroni. Per questo molti giovani hanno guardato alle posizioni più radicali della sinistra (ma anche della destra) con maggiore passione rispetto alle altre generazioni. Oggi, però, ciò non avviene più. L'implosione (l'eclissi?) di Rifondazione Comunista è un segno, ma non il solo, del distacco dei giovani dalla sinistra. Non solo radicale, anche moderata. Si tratta della fine di un ciclo breve, che durava dall'inizio di questo decennio (millennio). Da quando, cioè, i giovani erano tornati a votare a sinistra, dopo circa trent'anni. Passata la vampata del Sessantotto, infatti, si erano raffreddate in fretta le speranze di cambiamento che avevano mobilitato ampi settori della società e, in particolare, i giovani. Frustrate dalle utopie del terrore, negli anni Settanta. Dal crollo dei muri e delle ideologie, negli anni Ottanta. Infine, in Italia, dalla fine della prima Repubblica e dei soggetti politici che l'avevano accompagnata.
Continua ...

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