Ignorato l'obbligo di pubblicare nomi e compensi degli staff - Tra loro Bossi e Gelmini. La norma introdotta dal governo Prodi
ROMA - Renato Brunetta e Ignazio La Russa non hanno resistito alla tentazione. Un sito ministeriale finalmente tutto loro si è trasformato in una vetrina per raccontare finalmente chi sono al mondo intero. E così hanno osato quel che nemmeno il loro collega agli Esteri Frattini. Nel sito della pubblica amministrazione, già finito nel ciclone per le vignette sui "fannulloni", Brunetta ha fatto pubblicare il suo curriculum in italiano, inglese e francese. In quello della Difesa, La Russa ha voluto raccontare la sua scalata da Paternò, provincia di Catania, alla Difesa in inglese, francese e tedesco.
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Bossi, ministro delle Riforme, non è il solo a non comparire nemmeno, nell'universo Internet. Il suo è un dicastero senza portafogli, è vero. Ma anche quello di Brunetta e Ronchi lo sono. Eppure, i due colleghi hanno provveduto a creare il sito. Il senatùr, troppo impegnato a pensare alla riforma federalista, invece no. Come lui, nella lista degli inadempienti ci sono anche l'altro leghista Roberto Calderoli, a capo del neonato ministero della Semplificazione. Ma anche la giovanissima Giorgia Meloni. "Sito in costruzione" si legge digitando su un qualsiasi motore di ricerca alla voce "ministero delle politiche giovanili", o meglio "della gioventù", come ha deciso di chiamarlo lei. Quarto e ultimo dei rinviati a settembre, il responsabile dei Rapporti col Parlamento, Elio Vito.
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http://www.repubblica.it/2008/08/sezioni/politica/trasparenza/trasparenza/trasparenza.html
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