lunedì 21 giugno 2010

Compagni o no? Non è questo il dilemma

Fabrizio Gifuni ha concluso il discorso contro i tagli alla cultura da parte del governo, che ha tenuto durante la manifestazione organizzata dal PD al Palalottomatica di Roma, salutando la platea con un “ care compagne e compagni” che ha suscitato le proteste dei militanti che non si riconoscono nella tradizione socialista e comunista. Un gruppo di giovani è arrivato a scrivere una lettera al segretario Bersani sottolineando che: "Le parole compagni, festa dell’Unità, sono concetti che rispettiamo per la tradizione che hanno avuto ma che non rientrano nel nostro pensare politico e che facciamo fatica ad accettare... questo trapassato non ha noi come destinatari". “E’ tanto che volevo dirlo”, ha sfumato l’attore, recente interprete del ruolo di Alcide de Gasperi, ma la sua ansia di usare quella parola, “compagni”, che pure è stata simbolo del sogno di tanti italiani di costruire una società migliore, è paradigmatica dell’incapacità di tanta parte della nostra politica – e non solo della politica, evidentemente – di comprendere quali siano i veri termini della lotta che sta dividendo, nel 2010, le società occidentali. La fine dello scorso millennio e l’inizio di questo verranno ricordati, nei manuali di storia della filosofia, come l’epoca che ha segnato la morte di due ideologie o meglio l’epoca in cui si è avuta la dimostrazione - temo non definitiva – che né comunismo né capitalismo contenevano tutte le risposte ai problemi posti dallo sviluppo sociale ed economico.Oggi nessuno che sia intellettualmente onesto, che provenga dalla tradizione social comunista o da quella liberista, ritiene di avere in saccoccia la ricetta per gestire una società complessa come quella in cui viviamo; ancora meno si può pensare di governare l’economia mondializzata delle multinazionali con formule sviluppate secoli or sono.
Continua ...

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