Sepe Connection: storia e opere pie di un cardinale “tranquillo”

I favori a Bertolaso, ma soprattutto i lavori al palazzo di Propaganda Fide: i magistrati vogliono veder chiaro nella storia delle case affittate con Anemone e nelle opere pubbliche dell’epoca Lunardi. E qualche domanda potrebbe imbarazzare molto. Il cardinal Crescenzio Sepe è “tranquillo”. Lo era il giorno in cui il suo nome è finito per la prima volta sui giornali, dopo l’interrogatorio di Guido Bertolaso che lo aveva chiamato in causa. Ha ribadito di esserlo ieri, dopo l’omelia: un cronista gli ha chiesto se avesse fiducia nella magistratura, e lui ha risposto “Certo”. A chi gli ha chiesto di rivolgersi alla città per commentare gli sviluppi dell’inchiesta, Sepe ha concluso: “Parlerò presto“. DOMANDE IMBARAZZANTI - Difficile che davanti a quella Napoli che oggi ha conquistato con l’ostentazione del dialetto, i roghi dei coltelli e le visite a Scampia risponda davvero alle domande più imbarazzanti che gli verranno fatte in Procura. Dove in primo luogo si partirà dall’appartamento prestato a Bertolaso senza possederlo (nonostante i 9 miliardi di patrimonio immobiliare di Propaganda Fide) attraverso il costruttore Diego Anemone, che pagava l’affitto per conto di Francesco Viviano, factotum di Sepe all’epoca dei fatti. E poi ci si inoltrerà sulla questione principale, quella per cui il cardinale è indagato per corruzione aggravata: il meraviglioso palazzo seicentesco di Propaganda Fide che si affaccia su piazza di Spagna per il cui restauro lo Stato ha stanziato 2,5 milioni di euro e che ebbe il via libera con il decreto ministeriale a doppia firma varato il 20 luglio 2005, e firmato da Pietro Lunardi (responsabile delle infrastrutture) e da Rocco Buttiglione, allora ministro dei Beni culturali, tramite Arcus, la società governativa nata per sveltire le procedure dell’edilizia di interesse culturale. I lavori di restauro non vennero mai terminati, e oggi al posto della pinacoteca vi sono solo alcuni uffici amministrativi.

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