Per carità, la manovra è indispensabile. Sacrifici per tutti. Quasi tutti: statali, pensionati, la scuola, la sanità, i servizi pubblici locali. Però, grazie al governo di centrodestra, al PdL e alla Lega nord, finalmente pagano anche i papaveri, i tromboni, la casta. Certo, poi si scopre che i tagli per i costi della politica, le indennità per ministri e parlamentari, nella manovra valgono poche migliaia di euro. Ma che importa? Basta il pensiero.
Poi scopri anche che Roberto Cota, neo governatore leghista del Piemonte e il suo vice Roberto Rosso, PdL, non hanno ancora presentato le dimissioni da parlamentare. Pazienza, pensi: su di loro pende un ricorso al Tar e vogliono aspettare di vedere che succede. Poi però ti ricordi che gli resterebbe sempre lo stipendio da consigliere regionale. Poi pensi che ci sono anche Sandro Biasotti (deputato Pdl e consigliere in Liguria), Gianluca Buonanno (deputato-consigliere leghista in Piemonte), Edoardo Rixi (Lega, Veneto), Marino Zorzato (vicepresidente Pdl della Regione Veneto), e Marcello Taglialatela (assessore Pdl all’urbanistica in Campania). Anche loro senza alcuna fretta di scegliere tra l’incarico di parlamentare e quello di consigliere regionale.
Mara Carfagna poi di incarichi (e stipendi) ne ha 3: ministro, parlamentare e consigliere regionale. Finora non ha scelto per “motivi tecnici”, dice il suo portavoce. Alessandra Mussolini, invece, parlamentare e neo consigliere in Campania, è attanagliata dal dubbio: “Che faccio? Se mi dimetto subito non prendo l’indennità e non posso darla alle case famiglia a cui la sto devolvendo. Le maestre mi dicono che proprio adesso che arriva l’estate i bambini ne hanno più bisogno, se mi dimetto subito, non ce l’avranno”. Resisti, Alessandra, non puoi mica morire di fame: siamo tutti con te.
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