giovedì 25 agosto 2011

Amy Winehouse non era overdose. Che diranno ora Carlucci, Giovanardi & Co?

Non c'é pace per Amy Winehouse. Come spesso accade, dopo la morte della cantante, è il cinismo speculativo a farla da padrone. Tanti gli ambiti e le sfaccettature dell'utilizzo - anzi un vero e proprio sfruttamento - della sua immagine, che spaziano dal piano economico a quello più aleatorio, proprio della politica e in generale della retorica.

Innanzitutto il solito accanimento mediatico, con le testate pronte a lanciarsi in giudizi infelici, più o meno strumentalizzati, o a speculare con deduzioni improbabili e fuorvianti sulle cause della morte della cantante, prestando il microfono a questo o quel lo spacciatore di fiducia e alimentando le polemiche attorno al personaggio.

Ovviamente è lo sfruttamento economico della sua immagine, con la famiglia che in vano tenta di controllarlo, a farla da padrone. Fra le miriadi di speculazioni che girano attorno a Amy, la faccenda più pesante si sta giocando intorno a un dominio internet, quello della "Amy Winehouse Foundation", che un imprenditore londinese ha tempestivamente registrato a poche ore dalla morte.
Nonostante i famigliari stiano tentanto di ottenerne la chiusura, per il momento il padre della cantante, Mitch, è costretto a restituire i soldi donati alla neonata fondazione fintanto che le donazioni non vengano incanalate nella giusta direzione.
Altro esempio di cinismo macabro è stato il furto di alcuni effetti personali della Winehouse, tra cui testi di canzoni inedite, libri di poesie e lettere. I colpevoli sarebbero da rintraccciare fra quella ventina - inclusi famigliari, amici, guardie del copro e poliziotti - che, dal giorno della morte della cantante, hanno avuto accesso alla sua casa di Camden Town, a Londra.
Per non parlare poi dei vari siti che vendono tutta una serie di gadget, autorizzati o meno, non possono che scandalizzare al primo sguardo.
Ma nel caso della Winehouse è la retorica di stampo sociale a farla da padrone. Sembra che tutti sentano il bisogno di parlarne o almeno di citarla per ergerla a simbolo, riuscendo così a congiungere in una sola volta i deandreani buoni consigli e il cattivo esempio.
Proprio come ha fatto il sottosegretario alla presidenza del Consiglio con delega alla lotta alle politiche antidroga, Carlo Giovanardi, per il quale: "una morte tragica di questo tipo non può che far riflettere i giovani e giovanissimi su come la droga tolga la cosa più importante che una persona può avere e cioè una vita pienamente vissuta, le soddisfazioni di avere una famiglia, di avere dei figli, insomma di godere della propria esistenza".
Più o meno lo stesso il discorso fatto da Stefano Tersigni, Dirigente della Fiamma Tricolore Destra Sociale che torna sul sopracitatoo sfruttamento mediatico dell'immagine della cantante: "L’immagine della sua persona andrebbe invece screditata. Si è semplicemente suicidata con le droghe. I media facciano giusta informazione e, partendo da questi esempi, invitino i giovani a stare lontano dalla droga”.
Continua ...

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