Il 2 settembre WikiLeaks ha pubblicato integralmente i 251 mila cablo della diplomazia statunitense in suo possesso senza interventi editoriali ("unredacted"), cioè non omettendo i nomi di collaboratori e attivisti la cui esistenza ora, accusano in molti, sarebbe a repentaglio. Diversi commentatori, anche molto autorevoli, hanno parlato di una decisione scellerata da parte dell’organizzazione di Julian Assange. Micah Sifry, per esempio, ha paragonato quest’ultimo a Icaro, volato talmente in alto da finire bruciato. Tom Watson, ma non solo, ha parlato di "fine di WikiLeaks". Gli ex media partner, Guardian, New York Times, Der Spiegel, El Pais e Le Monde hanno addirittura emanato un duro comunicato congiunto che, dopo aver condannato l’"innecessaria" pubblicazione dei dati integrali, ha scaricato interamente la colpa su Assange: la decisione sarebbe stata "sua e solamente sua".
Ma le cose non stanno a questo modo. E se WikiLeaks non può del tutto dirsi estranea a quanto accaduto, le vere colpe stanno altrove. E, più precisamente, nella decisione del giornalista delGuardian David Leigh di pubblicare nell’intestazione del capitolo 11 del suo libro WikiLeaks: Inside Julian Assange’s War on Secrecy (Febbraio 2011) e di nuovo alle pagine 138 e 139 la passwordconsegnatagli da Assange a luglio 2010. Una password che secondo Leigh gli sarebbe stata presentata come "temporanea" dallo stesso Assange e che avrebbe aperto un file crittografato con il sistema PGP (Pretty Good Privacy) che Assange aveva precedentemente creato (il 9 giugno) e caricato sul server di WikiLeaks.
La pubblicazione il 25 agosto da parte di Der Freitag, confermata da Der Spiegel il 29 dello stesso mese, di un articolo in cui si rivela che quella password, a sette mesi di distanza, apra ancora un file, z.gpg, contenente una versione completamente "unredacted" dell’intero set dei cablo (cables.csv) circolante in rete dopo essere stata diffusa, insieme con tutti gli altri file posseduti da WikiLeaks, su BitTorrent dai sostenitori dell’organizzazione in seguito all’attacco al suo sito di fine novembre – inizio dicembre 2010.
Cioè quando i primi 220 cablo sono stati pubblicati proprio dai suoi mediapartner. Non si capisce ancora chi abbia rivelato a Der Freitag che era possibile mettere insieme password e file criptato, e come farlo. Molti (WikiLeaks, ma non solo – Der Spiegel, per esempio) hanno immediatamente pensato a Daniel Domscheit-Berg, ex numero due dell’organizzazione e ora suo acerrimo rivale. Non sarebbe infatti un caso che Der Freitag sia un media partner della sua piattaforma di leaking digitale OpenLeaks (rivale di quella di Assange) né che il caso sia scoppiato a pochi giorni di distanza dalla sua espulsione dal Chaos Computer Club e dalla conseguente feroce polemica per la distruzione da parte del tedesco di 3.500 file appartenenti a WikiLeaks.
Continua ...
http://www.agoravox.it/DOSSIER-Cablegate-2-non-e-colpa-di.html
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