lunedì 1 agosto 2011

Il Parlamento paga l’eredità scomoda dei partiti defunti


Domani si votano i bilanci delle Camere. Resta il problema dei collaboratori

CARLO BERTINI
ROMA
L'argomento è scabroso, perché tocca uno dei L’ nervi più scoperti degli «onorevoli» di tutti i colori, la gestione economica dei collaboratori, i cosiddetti portaborse. Che al Parlamento europeo vengono assunti e stipendiati direttamente dall’amministrazione e non dai singoli deputati, a cui viene tolta ogni responsabilità sulla gestione contrattuale di ricercatori o giovani documentaristi di cui avvalersi ogni giorno. In sostanza, mentre in Inghilterra i collaboratori vengono gestiti da un’agenzia indipendente, in Germania vengono pagati direttamente dal Bundestag, ma sono legati al deputato da un contratto di diritto privato, in Italia ognuno si regola a modo suo: i senatori del Pd versano ad esempio 1500 euro al mese al gruppo (degli oltre 4 mila euro ricevuti per i collaboratori) per far fronte alle spese di «segreteria», ma gliene restano circa 2500 da impiegare a proprio piacimento. Per assumerne altri nel proprio collegio o a Roma, oppure per intascarli, a scapito anche della propria produttività. Non sorprende dunque che siano pochi gli onorevoli disposti a soffermarsi su una questione oggetto in passato anche di inchieste che hanno fatto rumore, come una serie di servizi delle «Iene» sui portaborse pagati una miseria e senza contratto. Sì, perché nei nostri Palazzi vige pure una giungla retributiva che regola i rapporti di lavoro dei gruppi parlamentari, con disparità di trattamenti fra dipendenti assunti a tempo indeterminato con livelli retributivi elevati e altri assunti a tempo determinato (alcuni con rapporti di «lavoro a progetto») che guadagnano molto meno.
Continua ...

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