martedì 23 agosto 2011

"Non le ho fatto niente" L’ultima carta di Parolisi

Il marito di Melania davanti al Riesame per la scarcerazione

GRAZIA LONGO

L'AQUILA «Signor presidente, io a Melania non ho fatto niente». Il giorno della verità di Salvatore Parolisi si concentra in un monologo di 15 minuti, ieri mattina di fronte ai giudici del Riesame dell’Aquila, in cui non versa neppure una lacrima. Oggi si saprà se verrà scarcerato. Ieri, dimagrito, provato da un mese di carcere, ma con i baffetti curati e la fede nuziale al dito, il caporalmaggiore dell’Esercito accusato di aver ucciso la moglie, non ha modificato di una virgola la versione fornita fino a quando era solo un teste informato dei fatti. «Il 18 aprile mi ero preso un giorno di ferie per accompagnare mia figlia e mia moglie a una visita medica. Poi siamo andati in un supermercato, abbiamo pranzato a casa e abbiamo deciso di andare a Colle San Marco per far giocare la bambina. Melania è sparita dopo essersi allontanata per andare al bagno». Non una parola sul perché delle tante bugie raccontate. Né sui tradimenti, né su Ludovica, l’amante soldatessa a cui ha scritto una lettera dalla prigione per dirle «Amo solo te, non vedo l’ora di abbracciarti». Camicia viola a righe, di fronte al collegio giudicante presieduto da Giuseppe Garganella, Parolisi non viene mai interrotto. I suoi legali, gli avvocati Valter Biscotti e Nicodemo Gentile, illustrano subito dopo le linee principali della loro memoria difensiva: 160 pagine per smontare «un piano accusatorio fondato su indagini incomplete e lacunose». Un documento ricco e dettagliato ma chi si aspettava un colpo di scena è rimasto deluso. Per distruggere «le personali ricostruzioni dell’accusa che ha plasmato i dati contro Parolisi» gli avvocati, con l’aiuto di tre noti periti, punta sostanzialmente sui seguenti punti. Melania ha sulle mani tracce di Dna maschile (diverso da quello del marito) e femminile misto al suo, su un polso e sulla pancia ha delle «formazioni pilifere estranee». Sul luogo delitto non c’erano tracce biologiche di Salvatore. La testimonianza di Ranelli, titolare del chiosco a Colle San Marco, dimostra la presenza di Melania vicino alle altalene, mentre quella di Salvatore, oltre che da Ranelli è provata da un guasto dell’Iphone dello studente le cui foto scattate il 18 aprile non comprendevano né la coppia, né la loro auto. E ancora: l’approfondita conoscenza del bosco – teatro delle esercitazioni militari del 235˚ Reggimento Piceno – avrebbe dissuaso un aspirante assassino che non avrebbe sicuramente gradito il rischio di incontrare i colleghi che proprio in quei giorni si allenavano al vicino Poligono.

Continua ...

http://www3.lastampa.it/cronache/sezioni/articolo/lstp/416562/

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