lunedì 12 settembre 2011

Il paese dove c’è ancora la caccia alle streghe

In Africa le donne temono di essere accusate di praticare la magia Sentir parlare di stregoneria, maledizioni e di caccia alle streghe vi farà pensare a lontani tempi bui. Purtroppo, invece, parliamo di attualità in Africa. La storia vera di una donna ci racconta le assurdità e le violenze legate alla superstizione.

LA STREGA E IL VOLATILE - Pakpema Bleg è una donna accusata dalla propria famiglia di praticare la stregoneria. Tutto inizia quando il nipote si punge un dito con l’ago della donna e il dito sviluppa un’infezione. Bleg non era presente al momento, ma il mattino dopo il cognato la accoglie urlandole “strega!” e facendo in modo che tutti i vicini lo sentano. Il nipote più grande ha poi iniziato a picchiarla, seguito a ruota dal resto del villaggio. A questo punto, tanto per confermare l’assurdità degli eventi, un indovino ha condotto un test rituale per provare l’innocenza o la colpevolezza di Bleg: dopo aver tagliato la gola ad un uccello, l’indovino lo ha lanciato in aria. Se l’uccello cade sulla schiena, la donna è innocente, in caso contrario è colpevole. Il volatile è caduto frontalmente, quindi la sentenza era definitiva: Bleg ha iniziato a correre, sapendo che altrimenti l’avrebbero uccisa. La donna si è rifugiata a Gnani, un campo che raccoglie “streghe” nel nord del Ghana; più di 900 ospiti raccontano una storia simile a quella di Bleg, in cui un sacerdote ha stabilito colpevolezza o innocenza in base ad un rituale affidato al caso.

STREGONERIA ENDEMICA - Le dicerie sulla stregoneria continuano a prevalere in maggior parte dell’Africa, soprattutto nel Ghana, vicino al confine col Togo. In queste zone qualsiasi situazione può essere reinterpretata come effetto della magia nera: morte, fame, malattia, pazzia, sfortuna. Secondo le credenze locali, le streghe agiscono di notte e utilizzano dei superpoteri chiamati “juju“. Spesso questi poteri prendono forme animalesche e possiedono anime, infliggono malattie, perseguitano bambini innocenti. Se ciò vi non sembrasse abbastanza pittoresco, pensate che le streghe del posto sarebbero in grado di illuminarsi al buio come lucciole e di camminare a testa in giù. La caccia alle streghe non conosce sosta: spesso si trasforma in un vero e proprio linciaggio a base di botte senza tregua. Abass Yakubu gestisce la Commissione governativa dei Diritti Umani e della Giustizia Amministrativa nella capitale di Yendi e racconta che: “le accusate non possono correre il rischio di rimanere a casa. Non perderanno mai il marchio affibiatole“. Quando diventi strega, lo rimani fino alla morte. In uno dei villaggi la situazione è particolarmente grave: basta uno sguardo sbagliato per diventare una strega. Nuove donne si rifugiano al campo di Gnani ogni settimana, scappando ad una folla cieca e violenta. I campi/rifugio per queste persone sono attualmente 5 in tutto la regione e accolgono anche membri della famiglia e avvocati delle imputate. La maggior parte, infatti, sono donne, ma non mancano anche gli “stregoni”. Questi esuli vengono lasciati a loro stessi, arrivano dopo estenuanti viaggi a piedi con ancora i segni delle violenze: tagli, coltellate, colpi di pietre e machete, occhi perforati e arti rotti.

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