giovedì 31 marzo 2011

La folla inferocita: "Vergogna" Sputi e monetine a Montecitorio

Contro la maggioranza: "Ladri, mafiosi". Contestati La Russa e Santanché

CARLO BERTINI

ROMA
Per un interminabile attimo, sulla piazza scossa da una bolgia indicibile cala un silenzio surreale da film ed è lì che si ode l'urlo più raggelante, quello di un’anziana militante inviperita: «Faa-ree-te la fiiine di Craaaaxi!!!». Cinque minuti prima dell'«incidente», quel terribile lancio di monetine contro La Russa e la Santanchè che fa scattare un flash back del '93, piazza Montecitorio ha un aspetto quasi rilassato, con capannelli di anziani signori e studenti che stazionano a venti metri dal portone di ingresso del Palazzo, mischiati a un gruppo di ischitani che fin dalla mattina protestano per aver perso la casa grazie ad un decreto contro l’abusivismo. Sono qualche centinaio, tutti in paziente attesa del «sit-in» convocato la mattina dal Pd dopo un florilegio di ipotesi più o meno fantasiose, proposte in aula a Bersani e Franceschini (del tipo, «andiamo tutti a Palazzo Chigi e facciamo tre minuti di silenzio per la morte della giustizia»).
E non senza i mal di pancia di chi avrebbe evitato il sit in avvertendo che con questo clima si sarebbe potuto trasformare in un boomerang. «Alle tre e mezza sono uscito fuori, è piovuta la grandine ed ho pensato fosse un segno del signore», liquidava la pratica Beppe Fioroni. Ma la voglia di «dare un segnale» era troppo forte, in aula la Bindi si lamentava che la reazione alla «vergogna» di cambiare l'agenda per votare prima il processo breve fosse stata troppo tiepida, beccandosi il sarcasmo di D’Alema, «se vuoi che gli vado a menare, mi levo gli occhiali e vado...». E quindi archiviato l'Aventino dal segretario, «e già, così in mezz’ora si approvano la norma», via libera al sit-in per mediare tra i più barricaderi e i moderati, sapendo che il tam tam in rete avrebbe portato in piazza quelli del popolo viola e malgrado fosse assente Di Pietro impegnato a deporre in un processo. E un quarto dopo le sei, in un batter d’occhio, lo spiazzo antistante il palazzo, stranamente aperto ai manifestanti di solito confinati dietro le transenne, si trasforma appunto in un ring infernale: appena dal portone esce Ignazio La Russa, i tranquilli signori di mezza età e i giovani in camicia si trasformano in belve inferocite, «buffoni, fascisti, ladri», giù altri epiteti poco commendevoli e via di corsa contro il ministro che per venti metri cammina rasente il muro circondato dai poliziotti. Poi ha un sussulto, ci ripensa, torna indietro e si dirige verso la folla urlante con aria di sfida.

Continua ...

http://www3.lastampa.it/politica/sezioni/articolo/lstp/395736/

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