giovedì 31 marzo 2011

"L'ho ucciso per 17 mila euro" Il raptus di un giornalista

Milano, confessa l'ex conduttore Rai: "Rivoleva subito i suoi soldi"

GIOVANNA TRINCHELLA

MILANO
«L'ho implorato di concedermi una dilazione... mi chiamava ladro, approfittatore. Ho cercato di rintuzzare gli insulti. A un certo punto Ettore si è arrabbiato, è diventato rosso in viso. Se non paghi ti ammazzo ha detto e ha preso un coltello da cucina con il manico di legno e con una lama di venti centimetri. Quelli come te li tratto così o mi paghi o ti ammazzo». Poi la lotta: «Ho il ricordo di averlo colpito al petto. Eravamo vicini. È stata una cosa velocissima». E ancora il buio. «Non ricordo di averlo colpito alla schiena, di aver infierito. Ricordo la mia mano sporca di sangue, l’ho messa in tasca». Infine la fuga, gli abiti e la lama gettati nel fiume Lambro, la resa e la confessione, l’arresto: «L’ho colpito una, due volte al torace... Poi non ricordo...Sono andato in via Conte Rosso, mi sono pulito con un fazzoletto».
Il racconto al pm di Milano Maurizio Ascione di Alessandro Cozzi, 53 anni, una laurea in lettere, una vocazione nel settore dell’orientamento famigliare che lo aveva portato alla conduzione del programma Rai «Diario di Famiglia», è il film di una rabbia che esplode e un’altra più grande che uccide. Ettore è Ettore Vitiello, 58 anni, napoletano, titolare dell’agenzia di formazione lavoro di via Antonelli nel quartiere Corvetto di Milano, che martedì sera voleva a ogni costo i 17 mila euro che Cozzi, che aveva una sua società, gli doveva per un progetto di formazione finanziato dalla Regione e su cui avevano lavorato insieme. Vitiello gli aveva scritto sms, mail, gli aveva telefonato. Durava da un mese. Cozzi è andato lì per ottenere tempo, chiedere di rateizzare il debito; era in una posizione di debolezza, supplicava. Ma l’ira del creditore ha scatenato la furia dell’altro: «Ero arrabbiato, non terrorizzato».
La sua coscienza si è oscurata come avrebbe sostenuto Luigi Pirandello: «Il nostro spirito consiste di frammenti, o meglio, di elementi distinti, più o meno in rapporto tra loro, i quali si possono disgregare e ricomporre in un nuovo aggregamento, così - scriveva lo scrittore siciliano - che ne risulti una nuova personalità, che pur fuori dalla coscienza dell’io normale, ha una propria coscienza a parte, indipendente, la quale si manifesta viva e in atto, oscurandosi la coscienza normale, o anche coesistendo con questa, nei casi di vero e proprio sdoppiamento dell’io». Il formatore, il padre di famiglia, il marito che porta la fede al dito, il giornalista sociale, il pacificatore che si scinde e diventa killer. Un assassino che ha colpito venti, forse trenta volte: «C’era più sangue che carne» dice chi è stato su quel pianerottolo dove Vitiello è caduto massacrato.
Continua ...

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