Interrogati i coniugi arrestati. "Il premier era come uno zio". Tre incontri con il Cavaliere. Giampi e Nicla in lacrime pronti a denunciare Lavitola. Giampaolo Tarantini su un'auto della polizia. Ieri è stato interrogato dai magistrati di Napolidi DARIO DEL PORTO e CONCHITA SANNINO
NAPOLI - Un premier che si fa usare come un bancomat. Costretto a tenere a libro paga per un anno Gianpi Tarantini e la moglie Angela Devenuto, detta Nicla. Ora, grazie ai loro ricordi affiorati in carcere, emerge un più cospicuo bollettino dei pagamenti: quasi 350 mila euro sono stati versati da Silvio Berlusconi in più soluzioni e sempre in contanti, sia a Roma che a Milano. Un tesoretto, comprensivo di spese legali, cui va aggiunto il "finanziamento" da mezzo milione che però finirà per quattro quinti nelle tasche di Valter Lavitola. "Berlusconi è un benefattore che aiuta le persone in difficoltà. A quanti altri ha fatto del bene? Ve lo dico io: Dell'Utri, Lele Mora", assicura Tarantini. Due interrogatori. Sette ore in tutto. Caldo torrido nel carcere di Poggioreale. Gianpi e Nicla si ritrovano per la prima volta dopo l'arresto. Lei lo vede e piange, lui appare tesissimo. Li interrogano il gip Amelia Primavera, con i pm Francesco Curcio, Henry John Woodcock, Vincenzo Piscitelli titolari dell'indagine coordinata dal procuratore aggiunto Francesco Greco. Accanto agli indagati, gli avvocati Ivan Filippelli e Alessandro Diddi. Gianpi e Nicla ammettono di aver ricevuto dal premier tantissimi soldi.Meno, comunque, di quanti ne avrebbero ancora spillati. "Il 12 agosto, prima di partire per le vacanze a Cortina, sono andata a Palazzo Grazioli per chiedere 5 mila euro. Un collaboratore del presidente però ci disse che avevamo avuto già troppi soldi", ricorda Nicla.
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