mercoledì 9 novembre 2011

Tra proibizionismo e leggi antidroga; l’ipocrisia del governo

Caduto Berlusconi è tempo di bilanci, che sono particolarmente tristi, per il governo come per il paese che ha preteso di guidare senza averne le capacità.

Non poteva farcela, la banda d'arroganti turisti della democrazia che ha occupato le istituzioni al seguito di Berlusconi, tanto arrogante da credersi immune e rinunciare quindi ad ogni prudenza, ad ogni tentativo di mantenersi entro i limiti della decenza e del codice penale.

E tra i numerosi sconfinamenti nell'illegalità, insieme a vastissimi giri di prostituzione assume una particolare rilevanza il sistematico coinvolgimento di uomini di governo e dei loro entourage nel consumo e nel traffico di stupefacenti, in particolare di cocaina.

Dai tempi di Cosimo Mele, firmatario di leggi antidroga finito nei guai per il malore causato dalla cocaina di una delle due prostitue con le quali s'intratteneva in un albergo della capitale, si era capito che il violento atteggiamento antidroga di certi politici era solo una facciata. Feroci con tossici e consumatori per far contenti gli elettori di destra, tolleranti con amici e amiche che sniffano come aspirapolvere.

Così nel breve volgere di una mezza legislatura abbiamo saputo ad esempio che il clan Tarantini comprava e distribuiva cocaina a etti o che attorno alle olgettine girava cocaina a chili. Scandali che hanno avuto poca risonanza e modeste conseguenze giudiziarie, persino Tarantini che ha confessato ha ricevuto una condanna molto mite ed è a piede libero, a differenza di migliaia di italiani comuni che in galera ci finiscono per qualche grammo di marijuana.

Droga anche nelle storie di altri parlamentari finiti in prigione, con quelli che non la consumano associati a chi ha fatto fortuna spacciandola, dai clan meridionali fino alla criminalità capitolina. Adesso, con la caduta del governo cadono gli ultimi veli anche sull'abuso di cocaina.

Oggi ad esempio in un articolo de La Repubblica della dedicato agli scandali in Finmeccanica escono altre indicazioni, che confermano allargano il numero degli appassionati della polvere bianca ben oltre i casi conosciuti e confermati. In questo casi ad essere tirati in ballo sono il fratello del Presidente del Consiglio, Paolo Berlusconi, e il ministro La Russa, che secondo gli informatissimi dirigenti di Finmeccanica in guerra con la "banda Tremonti": "Quello è matto (Paolo Berlusconi ndr). Con La Russa, si sono messi in testa, tra una sniffata e l'altra, che vogliono portare Cattaneo lì".

Non si tratta probabilmente di calunnie, gli intercettati mostrano di essere perfettamente a conoscenza di altri reati, come le case e le barche pagate all'insaputa di certi privilegiati o indiscrezioni sul ministro dell'Economia e sul suo entourage: "l'uomo più vicino a Guarguaglini si abbandona a grevi riferimenti sulle asserite inclinazioni sessuali del ministro. Sulle sue compagnie, che Borgogni dice di "conoscere" e dunque di sapere "dove andare a trovare". Fa di più e di peggio. Annuncia a Martini che "la cosa comincia a dirsi in giro".

Il quadro che ne esce è desolante: la cocaina scorre a fiumi nonostante l'ipocrita antiproibizionismo esibito dal governo, mentre i ragazzini finiscono in galera per la maggior gloria di Giovanardi, ministri e deputati nuotano tra cosce mercenarie in una nuvola di polvere bianca, fidando sull'impunità e la discrezione garantita ai potenti.

I test antidroga ai quali si sono sottoposti volontariamente alcuni deputati altro non sono che la ciliegina sulla torta, la comica finale degli amici dei tossici, tutti sanno, ma nessuno parla fino a che non è utile a ricavarne vantaggi attraverso il ricatto o il dossieraggio dell'avversario. Poiché è ovvio che un consumo talmente diffuso e abbondante non possa passare inosservato alla stampa amica e ai colleghi parlamentari (e non è passata inosservata) e di partito, si può ben dire che a cadere sia stata la maggioranza più drogata della storia della repubblica.

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