Un'altra notte di "caccia" a persone provenienti da Eritrea, Somalia, Etiopia, Sudan, scambiati per soldati al soldo di Gheddafi, oppure per supporter dei manifestanti anti-regime. Molte persone già riconosciute titolari di protezione internazionale dall'UNHCR costrette a fuggire continuamente per evitare di essere uccisa
di CARLO CIAVONITRIPOLI - In questo momento, in Libia, sono ancora drammaticamente in pericolo centinaia di profughi eritrei, etiopi, somali e sudanesi. Lo testimoniano le persone in contatto telefonico con padre Moses Zerai, direttore dell'agenzia eritrea Habeshia. Anche la scorsa notte ci sono state irruzioni negli alloggi degli immigrati africani, dove avevano trovato rifugio e sistemazione diverse famiglie di profughi. Molti hanno dovuto abbandonare le loro case, per sfuggire alle aggressioni, una quarantina di nuclei hanno dormito nel areoporto, chiedendo aiuto ai rappresentanti delle organizzazioni europee che sono lì per evacuare i loro cittadini.
Tra di loro ci sono diversi richiedenti asilo, già censiti e registrati dell'UNHCR di Tripoli, hanno il documento che attesta la loro identita di profughi beneficiari di protezione umanitaria. "Chiediamo ai paesi europei - è l'appello di pafre Zerai - affinché facciano un atto umanitario per salvere queste persone dalla furia di aggressioni ed il rischio di morte.
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