domenica 10 luglio 2011

RETROSCENA LODO MONDADORI - L'ira del Cavaliere "Vogliono farmi cadere"


l Cavaliere: mettono a rischio migliaia di posti di lavoro. Tutta l'attenzione è assorbita dalle prossime mosse, già allo studio con Ghedini. Domani saranno presentati i ricorsi per stoppare l'esecuzione: "Non darò un euro"

di CARMELO LOPAPA
"Era chiaro che sarebbe stata una sentenza politica, non avevo dubbi. Mi risulta che due dei tre giudici che l'hanno confezionata abbiano alle loro spalle una militanza di sinistra, ma la storia non si chiude qui". Mastica rabbia, Silvio Berlusconi, per una condanna attesa, certo, ma che nelle sue previsioni avrebbe dovuto fermarsi assai al di sotto di quel che è stata. La notizia che piove da Milano di primo mattino è una sberla.

Trasudabile - raccontano i più stretti collaboratori - il presidente del Consiglio "non c'è per nessuno". Accetta di parlare solo con l'avvocato Ghedini, con il segretario Alfano, con il portavoce Bonaiuti, oltre che con i figli, ovvio, Marina e Pier Silvio soprattutto, i due più preoccupati, d'altronde. "Attaccano le mie aziende e il mio patrimonio per farmi fuori e abbattere il governo" è quanto va ripetendo il Cavaliere. Che dietro l'escalation di questi giorni, da Papa a Milanese, da Romano a Vizzini, intravede una "strategia politico-giudiziaria" per disarcionarlo. Torna a parlare di "golpe", il presidente del Consiglio, questa volta per colpirlo "al cuore: vogliono rovinarmi, distruggere quel che ho costruito per una vita, se dovessimo uscire quella cifra, sarebbero a rischio migliaia di posti di lavoro".

Già pochi istanti dopo la sentenza è al telefono con Marina per mettere a punto la nota di fuoco contro la "forsennata aggressione", "l'esproprio", per ribadire che "non un euro è dovuto". Quelle parole sono farina del suo sacco. Berlusconi si è convinto che "nulla dovrà essere dato", sicuro del fatto che "in Cassazione i cinque magistrati invertiranno questa sentenza scandalosa e lo faranno entro un anno". Da giorni, d'altronde, ha ripetuto a chiunque incontrasse di non voler dare "nemmeno un euro" alla Cir, perché "De Benedetti poi non sarebbe in grado di restituirmeli, quei soldi", qualora in terzo grado la sentenza venisse cancellata. A metà giornata lascia Palazzo Grazioli sotto la canicola di una Roma infuocata, insoliti occhiali scuri a nascondere lo sguardo tetro di un sabato nero. Il Cavaliere si chiude a Villa Certosa, in Sardegna. La visita a Lampedusa era stata già annullata nell'inquieta notte che ha preceduto la sentenza, quando tutto sull'isola era pronto per la sua accoglienza. Oggi, salvo ripensamenti, ha fatto sapere che non farà nemmeno l'annunciata puntata al matrimonio di Renato Brunetta in Campania. Al ministro ha promesso che "riparerà" partecipando al rinfresco di sabato prossimo a Roma. Non tira aria, in queste ore. La sua requisitoria sulla sentenza e l'affaire "lodo" invece la terrà, a modo suo, con la telefonata alla festa Pdl di Mirabello di questa mattina, contatto che ieri Ignazio La Russa dava per certo.

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http://www.repubblica.it/dal-quotidiano/retroscena/2011/07/10/news/mondadori_retroscena-18919438/

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