sabato 26 febbraio 2011

Venti di guerra nel Mediterraneo. L’Italia in prima fila

L’Italia rischia, suo malgrado. Richiamata alla guerra contro il vicino Gheddafi

Difficile avere una panoramica totale o prevedere cosa succederà nelle prossime ora ma certo che qualche ipotesi si può fare.
Il colonnello Gheddafi, ieri, senza mezzi termini, ha espresso la volontà di schiacciare la rivolta con ogni mezzo. Nulla del suo discorso ha fatto presagire una qualsiasi possibilità di mediazione o di compromesso, ne con i manifestanti, ne con i paesi occidentali. Il governo italiano teme. La vantata “amicizia particolare” con il dittatore non ha funzionato.
È il costo da pagare quando si dà credibilità e eccessiva importanza ad un satrapo. Il bradipo continente Europa, ha dimostrato insicurezza e incapacità. Debilitata l'Italia, annaspa e panica incapace di comprendere cose più grandi di lei. La politica estera, è altra cosa; il mondo guarda e ascolta non si può condire con la solita fufa.
Le incompetenze del governo Italia emergono grossolane. I silenzi imbarazzano. Quando parlano e anche peggio. L'Europa sotto scacco matto. L'Italia e l'Europa ricattabili. Gas petrolio, e banche, la vulnerabilità. Dopo la riunione del Consiglio di sicurezza dell'ONU è sempre più possibile un piano di intervento in Libia. Se il colonnello libico non rinuncia al massacro e non avviene l'auspicato colpo di Stato, è inevitabile che Stati Uniti e alleati dovranno attivare un azione che in primis porterà mezzi navali poi portaerei nel mediterraneo, e per evitare raid aerei mercenaria, un no-fly in Libia, a tutela dei rivoltosi.
Qualcuno sta già fregando le mani. C'è la possibilità di spostare interessi economici da A a B. The president Obama si troverebbe a gestire la sua prima guerra e trascinare con se i soliti noti. Bisogna difendere la “democrazia”.
Non si può pensare che il terzo paese al mondo possessore di gas e petrolio sia lasciato in balia di giovani manifestanti inermi con il grande rischio di insediamento di gruppi terroristici al potere, in una nazione che affaccia sul mediterraneo. Impensabile!
Un report della Cia compilato da Antony Cordesman chiarisce che “il 95% delle esportazioni del Paese è rappresentato dal barile che costituisce il 25% del prodotto interno lordo e assicura il 60 per cento degli stipendi del settore pubblico. La Libia, grazie al petrolio e a una popolazione contenuta (circa 6 milioni e mezzo di abitanti) è lo Stato del Nord Africa con il più alto reddito pro-capite”. Però, la Libia è sotto dittatura e a governare sono i clan, perciò la ricchezza resta nelle mani di pochi.
Gli osservatori internazionali, registrano che l'esercito di Gheddafi, è poco qualificato e attrezzato; non raggiunge gli standard minimi. Le defezioni di questi giorni, i caccia a Malta, lo schianto del caccia-bombardiere Sukhoi-22 e le due navi da guerra al largo di Malta, dimostrano una sfaldatura dell'esercito, cosa che fa presagire un non possibile colpo di Stato che preordina un futuro governo di transizione.
Questo è quanto potrebbero maturare. L'occidente, dovrà tener conto e dovrà promuovere una missione militare con bandiera ONU.
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