venerdì 29 luglio 2011

Quando Chinnici diceva agli studenti "Il pericolo maggiore è la rassegnazione"


Un'intervista ritrovata fra i ricordi di università di Franca Imbergamo, oggi sostituto procuratore generale a Caltanissetta. La conversazione fra la studentessa e il magistrato, sui temi della legge La Torre, fu pubblicata sul giornale dei giovani della Fgci, "Mobydick", quattro mesi prima della strage di via Pipitone Federico. Insieme al giornale è stata ritrovata anche la registrazione dell'intervista. Oggi l'anniversario dell'eccidio del 29 luglio 1983

di SALVO PALAZZOLO
 
La voce di Rocco Chinnici riemerge da una vecchia cassetta audio: "La mafia ha sempre avuto rapporti con il potere. La mafia non è mai stata con chi è all’opposizione. I partiti del potere, in misura più o meno rilevante, sono purtroppo inquinati dalla mafia". Il consigliere istruttore ha un tono gentile, ma deciso. Risponde alle domande di una giovane studentessa universitaria. "Dal 1970 a oggi — dice — con la potenza economica raggiunta, la mafia condiziona la vita socioeconomica della Sicilia occidentale, evidentemente con riflessi anche nel campo politico".

Ascolta un brano dell'intervista

Per 28 anni quella cassetta è rimasta dentro una scatola, fra i ricordi di università di una giovane, allora ventunenne, che frequentava il terzo anno della facoltà di Giuri¬sprudenza di Palermo. Accanto alla cassetta è sempre rimasta una copia del giornale dove poi fu pubblicata l’intervista, “Mobydick”, periodico di battaglia dei giovani della Fgci siciliana. La giovane universitaria, Franca Imbergamo, quattro anni dopo entrò in magistratura. Oggi è sostituto procuratore generale a Caltanissetta e ricorda ancora con angoscia il giorno in cui vide in televisione l’auto di Chinnici e quella dei carabinieri Mario Trapassi ed Edoardo Bartolotta dilaniata dal tritolo di Cosa nostra. Poco distante, in via Pipitone Federico, c’era il corpo di Stefano Li Sacchi, il portiere dello stabile dove abitava il giudice. Era il 29 luglio 1983, quattro mesi dopo l’intervista.

"Guardando in televisione le immagini della strage — dice Franca Imbergamo — mi resi conto di quanto non avessi compreso la gravità delle cose dette da Chinnici quel pomeriggio, nel suo ufficio al palazzo di giustizia. Solo guardando quelle immagini strazianti capì quanta importanza avevano i fascicoli che Rocco Chinnici teneva con grande ordine sulla scrivania. E allora ripercorsi in un attimo tutti i momenti di quell’intervista, ma ripensai anche alle cose che Chinnici ci aveva detto all’università, durante un ciclo di incontri sulla legge La Torre, da poco introdotta dopo l’assassinio del segretario regionale del Pci. L’intervista doveva essere proprio una sintesi dei ragionamenti fatti in facoltà, perché quegli incontri erano stati un’occasione straordinaria: mai prima di allora un magistrato era stato invitato a Giurisprudenza per parlare di lotta alla mafia".

Nell’intervista ritrovata Chinnici ribadisce più volte la necessità dell’impegno dei giovani: "Il pericolo maggiore — dice — sta oggi nella rassegnazione, nella tendenza a considerare la mafia quasi come un male inevitabile della nostra epoca. Bisogna reagire, bisogna far comprendere ai giovani in particolare che la mafia, con la produzione e il commercio delle sostanze stupefacenti, ha superato se stessa nella potenza criminale che l’ha sempre contraddistinta". Sono parole che suonano come profetiche, perché oggi Cosa nostra è tornata a investire nel traffico di droga. Dice Franca Imbergamo: "All’epoca, il movimento studentesco viveva una stagione importante, stava acquisendo consapevolezza del proprio ruolo all’interno della società civile e della lotta alla mafia. Mi chiedo oggi, cosa accada, perché troppo spesso vedo sguardi annoiati fra i ragazzi che incontro a scuola. Non vorrei che gli incontri antimafia, con magistrati ed esperti, siano ormai diventati come l’ora di religione: una monotona routine, giusto un’occasione da non farsi sfuggire per evitare le materie importanti".
Continua ...

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