venerdì 25 febbraio 2011

Sangue libico, armi italiane

di Valter Vecellio
Sangue libico, armi italiane

Il presidente del Consiglio Berlusconi, finalmente si dice “preoccupato” per quello che accade in Libia. Era ora. Inizialmente non voleva “disturbare” il dittatore libico; poi gli ha telefonato, e quest’ultimo lo ha rassicurato: “Va tutto bene”; infine, dopo la montagna di cadaveri che la spietata e disperata repressione da parte di Gheddafi e dei suoi killer ha provocato, ha finalmente manifestato la sua preoccupazione; le telecamere delle TV lo hanno immortalato mentre rideva, e quel sorriso strideva con le espressioni di preoccupazione; e poi abbiamo potuto ascoltare l’auspicio che cessino “le violenze ingiustificate”. Il ministro degli Esteri Franco Frattini, che solo un paio di settimane fa, mentre si dissolveva il regime di Ben Alì, indicava il modello gheddafiano come quello che avrebbero dovuto seguire gli altri regimi arabi, ha fornito un’informativa alla Camera e al Senato patetica, e limitiamoci a questo. Il ministro del Lavoro Maurizio Sacconi sostiene che è necessario, opportuno “riannodare il dialogo”; e fermiamoci qui, anche per le stupidaggini c’è un limite.
Un Gheddafi in evidente stato di alterazione, in preda a uno sconcertante delirio di onnipotenza, dopo aver esaltato la strage di piazza Tienanmen, promette che i manifestanti, drogati e mercenari, saranno perseguitati casa per casa; e accusa Stati Uniti, Israele e Italia di armare i ribelli.
Continua ...

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