sabato 9 luglio 2011

Cosa hanno in comune Usa, Russia e Cina? Centrali nucleari a rischio!


In seguito ai fatti di Fukushima, pressoché tutti i Paesi che ricorrono all'energia nucleare sono corsi ai ripari. La Germania ha annunciato la chiusura delle centrali entro il 2022; la Svizzera farà lo stesso. La maggior parte, invece, ha deciso di proseguire su questa strada, mettendo però sotto osservazione i propri impianti.
E non mancano le sorprese. Gli Stati dove gli impianti evidenziano le maggiori preoccupazioni sono proprio quelli economicamente e geopoliticamente più influenti: Stati Uniti, Russia e Cina.
Stati uniti. È qui che si registrano i maggiori allarmi. Un'inchiesta elaborata da Associated Press in collaborazione con la Nuclear Regulatory Commission esprime serie apprensioni sullo stato di salute delle centrali, definite “vecchie e insicure”[1].
L’indagine prende in esame gli impianti sotto il profilo della sicurezza e dell’invecchiamento delle strutture svelando tutta la fragilità dell’industria nucleare civile americana. In 48 siti su 65 c’è una perdita di trizio radioattivo dovuta alla corrosione delle tubature. Sotto le vecchie centrali costruite negli anni ‘60 e ’70 ci sono, infatti, chilometri di tubazioni che stanno letteralmente andando in pezzi. In almeno 37 centrali sarebbe confermata la perdita di trizio in quantità centinaia di volte superiori ai limiti federali. Nella maggior parte dei casi, le perdite sarebbero circoscritte alle aree degli impianti, ma in alcuni casi sono state rinvenute tracce ben oltre il perimetro delle centrali. Il rapporto rivela che le fughe, a volte, possono rimanere nascoste per anni. Alla base della gran parte delle perdite, più dell’inadeguatezza dei materiali impiegati, c'è la corrosione causata da decenni di impiego. Fra il 2000 e il 2010, si sono contate 38 perdite di trizio, circa i due terzi delle quali negli ultimi 5 anni. In un complesso dell’Alabama, ad esempio, nell’aprile dello scorso anno il terreno ha subito la contaminazione a causa di una tanica che conteneva circa 4000 litri di acqua inquinata con 2 milioni di picocurie (unità di misura della radioattività) per litro. Nelle acque potabili questo avrebbe potuto significare un superamento di 100 volte dello standard di salute stabilito dalla U.S. Environmental Protection Agency (EPA).
In nessun caso, stando al rapporto, si sarebbe comunque verificata una contaminazione delle falde acquifere. Ma nella storia dell’industria americana, ricordano gli attivisti dello Union of Concerned Scientistssono state più di 400 le perdite radioattive registrate.
Continua ...

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