sabato 9 luglio 2011

Il controllo del petrolio deciderà le sorti della guerra in Libia


Non possiamo prevedere l'esito finale della guerra in Libia. Sempre ammesso che un esito finale ci sarà. I ribelli avanzano e arretrano, la Nato bombarda, Gheddafi minaccia. La missione Unified Protector non durerà all'infinito, ma i combattimenti sul campo chissà. Qualcuno vede già nella Libia una nuova Somalia.
Ad ogni modo, il fatto che l'obiettivo principale su entrambi i fronti, al di là delle dichiarazioni retoriche, siano i terminal petroliferi di Brega e di Ras Lanuf, evidenzia che l'elemento cruciale nell'analisi degli eventi è il petrolio. L'oro nero è al centro della guerra, e chi ne manterrà il controllo sarà il vincitore.
Per fare un parallelo, possiamo ricordare l'episodio del maresciallo tedesco Erwin Rommel, a capo dell'Afrika Korps nella Seconda Guerra Mondiale, costretto a cedere agli inglesi perché a corto di carburante, dopo che gli alleati avevano bloccato i rifornimenti dal Canale di Sicilia. Non a caso, il maresciallo scrisse nel suo diario: "Gli uomini più coraggiosi non possono fare nulla senza pistole, i cannoni non possono fare nulla senza un sacco di munizioni, e né pistole né munizioni sono di grande utilità nella guerra di movimento a meno che non ci siano veicoli con benzina sufficiente a trasportarli in giro”.
Nell'attuale conflitto in Libia, campo di battaglia del Mediterraneo fin dall'epoca romana, sia il regime del colonnello Gheddafi che i ribelli di Bengasi sono in serie difficoltà a causa della scarsità di approvvigionamenti. Prima della rivolta scoppiata a fine febbraio, la Libia, con riserve stimate per 44 miliardi di barili di petrolio, produceva circa 1,6 milioni di barili al giorno, per lo più di alta qualità. Era di fatto il terzo produttore nel Continente Nero dopo Nigeria e Angola. Esportava 1,1 milioni di barili in Europa, ricavandone circa 145 milioni di dollari al giorno.
Continua ...

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