Al congresso annuale di Chicago trentamila oncologi da tutto il mondo fanno il punto sulla ricerca e sui progressi nella lotta alle neoplasie. In primo piano un trial sulla prevenzione del cancro al seno e gli ultimi ritrovati contro quello della pelle e la mielofibrosi
dal nostro inviato ELVIRA NASELLICHICAGO - La "magic bullet" che i pazienti di tutto il mondo aspettano ancora non c'è, ma lo scenario della quarantasettesima edizione dell'Asco di Chicago è un carniere di piccole pallottole che non consentiranno forse di vincere la guerra, ma che aiuteranno molti malati a portare a casa piccole vittorie sulla loro personale battaglia. Tumori che hanno una forte prevalenza sulla popolazione, come quello al seno; che hanno prognosi infausta se non individuati precocemente, come il melanoma, e che invece riguardano piccolissime fette di pazienti, come la mielofibrosi.
Al più grande congresso americano di oncologia, che riunisce ogni anno circa trentamila oncologi di tutto il mondo, per ognuna di queste neoplasie sono stati presentati farmaci che migliorano la sopravvivenza e - non senza dubbi - farmaci che addirittura potrebbero prevenire il rischio di sviluppare un tumore diffuso come quello al seno.
Un trial canadese di fase tre in doppio cieco, per esempio, ha dimostrato come nelle donne in postmenopausa a rischio maggiore di sviluppare il tumore al seno per età (60 anni e più), genetica (casi familiari) e per un alto punteggio nelle scale normalmente utilizzate per il calcolo del rischio, un inibitore dell'aromatasi, l'exemestane, abbia ridotto il rischio del 65 per cento, confrontato ovviamente con il placebo.
Una notizia importante, ma il punto è un altro. La domanda che si fa Fran Visco, presidente della National Breast Cancer Coalition di Washington, è legata quanto meno al buon senso: è accettabile dare a donne che sono sì a rischio di sviluppare un tumore, ma che nei fatti non ce l'hanno e sono dunque sane, un farmaco che ha comunque effetti collaterali anche pesanti?
Passi avanti con farmaci nuovi anche per il melanoma, tumore della pelle che uccide ogni anno 37.000 persone nel mondo. L'Italia è il terzo paese, dopo Australia e Stati Uniti, per incidenza della malattia: 14,3 uomini e 13,6 donne su centomila abitanti per anno, con percentuale in aumento. All'Asco sono stati presentati (e resi disponibili sull'edizione on line del New England Journal of Medicine) da Paul Chapman, del Memorial Sloan Kettering Cancer di New York, i risultati dello studio BRIM3 di fase III che dimostrano come la molecola vemurafenib (di Roche) riduca del 63% il rischio di morte dei pazienti con melanoma metastatico con una mutazione particolare e diffusa (BRAF V600), riducendo anche del 74% il rischio di progressione della malattia.
Continua ...
Nessun commento:
Posta un commento